Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ezio, 99 anni con la patente «Ora il rinnovo»
Vive nel Padovano: «Ho chiesto il rinnovo»
Classe 1919, nominato PADOVA dal Capo dello Stato Cavaliere della Repubblica, commerciante a Sant’Anna di San Giorgio in Bosco, Ezio Cauzzo
(in foto) a 99 anni guida l’auto. «E ora chiedo il rinnovo».
Cauzzo Non ho mai avuto incidenti, nè perso punti e nemmeno preso una multa. Vado a 50 chilometri all’ora ed esco ancora dal garage in retromarcia: perchè dovrebbero togliermela?
SAN GIORGIO IN BOSCO (PADOVA) Ha vissuto cento vite. E’ nato il 4 novembre (1919), giorno della festa delle forze armate che ha onorato combattendo il secondo conflitto mondiale nell’allora Cecoslovacchia occupata dalla Germania e collezionando medaglie, croci di guerra e perfino il diploma di «soldato più veloce a montare e smontare la mitraglietta»: appena 33 secondi. E’ stato prigioniero, ha pure scontato 45 giorni di galera perchè i tedeschi l’hanno sorpreso a rubare patate in un campo, per sfamare se stesso e i commilitoni. Nel 2014 il presidente Giorgio Napolitano l’ha nominato cavaliere della Repubblica per «particolari benemerenze» e da anni è a capo dell’Associazione ex internati e dell’Associazione combattenti e reduci. Ma prima è stato contadino, postino d’amore (in bicicletta e per 3 lire all’ora portava le lettere che si scambiavano due fidanzati del paese, residenti in frazioni diverse), fattorino per le quattro sorelle sarte, trasportatore di frutta al mercato coperto di Cittadella, commerciante di bombole di gas. Mestiere che svolge tutt’ora, nel suo negozio sotto casa, a Sant’Anna Morosina di San Giorgio in Bosco.
Instancabile, iperattivo, sorridente, «perché nella vita sono stato molto fortunato». Adesso però è preoccupato. Ezio Cauzzo, quasi 99 anni, ieri mattina per la prima volta non aveva nessuna voglia di alzarsi. «Ho paura che mi tolgano la patente», confessa. E per uno che è al volante dal 1963 («prima ancora di finire la scuola guida: sono passato dal carro con l’asino e con i cavalli ai cavalli del motore»), che è stato il primo «insieme al conte e al ricco del paese» ad avere l’auto («una Giardinetta usata, pagata 500 lire») e che dopo ne ha comprate altre 21, oltre a Fiorini e a furgoncini «come quelli dei carabinieri» (l’ultimo a 90 anni), rinunciarci è un dramma. «Il documento è scaduto, il 24 devo rinnovarlo ma la simulazione di martedì non è andata tanto bene — ammette —. L’istruttore era nervoso e così mi sono agitato anch’io». Eppure sta benissimo: guida ogni giorno, va a consegnare le bombole in diversi Comuni dell’Alta Padovana («in campagna si usano ancora»), va a comprarsi il giornale (che legge senza occhiali, così come i libri, ne ha cento, soprattutto di guerra), sbriga un sacco di commissioni. «Eh, ma ho 98 anni — sospira — e benché gli esami del sangue, il cuore, la vista e i riflessi siano perfetti, la commissione ne terrà conto. Porca miseria però, non possono togliermi la patente, mi serve, ho un’attività. Oltre alla macchina (adesso ha l’Idea della Fiat, ndr), guido il furgoncino (il Berlingo della Citroen) per le consegne. Esco due volte al giorno, anche di domenica».
Da martedì però il suo mondo si è fermato e lui non si dà pace. Sta in casa, legge, guarda un po’ la tv e s’illumina quando racconta di aver scoperto le trasmissioni sul biliardo («meglio che dal vivo»). «Ma non è la stessa cosa, l’auto è la libertà — insiste lui — è il mio lavoro, la mia vita. Io ho sempre lavorato, non ho mai preso nemmeno un giorno di ferie. Ho sposato Maria (scomparsa nel 2015, ndr) di domenica e il lunedì mattina siamo andati in viaggio di nozze al mercato di Cittadella. Abbiamo festeggiato comprando il formaggio per la cena». La figlia Emanuela cerca di ammorbidire la possibile doccia fredda in arrivo: «Dai papà, ci organizziamo diversamente, ci sarà qualcuno che ti farà da autista». Dopotutto ha una bella famiglia: una sorella (erano in otto), due figlie, i generi, due nipoti, due pronipoti, uno finalmente maschio in mezzo a tutte femmine, Diego. Ma non lo freghi mica, Ezio. «Farsi portare non è guidare — scuote la testa — e poi sono sempre stato io, avendo la macchina, ad aiutare tutti. Mi ricordo quella notte del ‘60 quando, insieme a mia mamma, abbiamo accompagnato una vicina, la Carla, in ospedale. Aveva le doglie e io le dicevo: tien duro Carla, tien duro. Niente, il bambino me l’ha fatto in auto. Ferdinando. Quando è diventato grande mi ha inviato al matrimonio. L’anno dopo stessa corsa a Camposampiero con la stessa paesana: stavolta siamo partiti prima, abbiamo fatto in tempo a entrare al Pronto soccorso. Io ho parcheggiato e lei ha partorito due gemelli».
Ezio è un romanzo della vita, non finisci mai di sfogliarlo. Però ora ha un pensiero fisso: «Non ho mai avuto incidenti, nè preso una multa e nemmeno perso un punto della patente: perchè dovrebbero togliermela? Esco ancora dal garage in retromarcia e vado a 50-60 chilometri all’ora, perchè chi va piano va sano e lontano. Potrebbero rinnovarmela un altro anno e poi finchè non muoio. Per me sarebbe la gioia più grande del mondo».
E sennò, che fa? «Non lo so, glielo dico domani».