Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Donadon: «Una petizione per H-Campus». Carteggio sui «rischi idrogeologici»
Investimento a rischio, l’imprenditore: «Diteci cosa fare»
«V orremmo che tutta la società si muovesse per appoggiare questo slancio». Il patron Riccardo Donadon lancia una petizione per «sbloccare» l’iter di H-Campus a Roncade dopo lo stop della commissione regionale che ha chiesto approfondimenti. Le carte dei tecnici e i dubbi sui «rischi ambientali».
Una petizione popolare contro «la frantumazione delle competenze burocratiche che paralizza tutto». È il modo scelto da Riccardo Donadon, patron di H-Farm, per contestare chi, Regione Veneto in testa, costringerà il suo progetto di Campus a tardare almeno ancora un anno a causa di una Valutazione di impatto ambientale (Via) al quale ora deve essere sottoposto. Un rilancio, dunque. E anche piuttosto eclatante. «Incontriamo troppe difficoltà — denuncia — e vorremmo che tutta la società si muovesse per appoggiare questo slancio».
I tecnici «Via»
Ma i tecnici che, a Venezia come a Roncade, hanno fin qui gestitola partita non ci stanno. Nei confronti di Donadon, dicono, si è sempre cercato di riservare un canale più fluido e le date sono chiare. Lui parla di un processo iniziato da due anni e mezzo ma le prime carte sono arrivate negli uffici tecnici di Roncade nel febbraio del 2016. Per la Commissione Via, la richiesta di procedere ad uno «screening» (cioè un esame preliminare per verificare la possibilità di evitare la Via stessa) è dell’8 novembre 2017. A metà gennaio 2018 la Regione chiede delle integrazioni e dopo averle inviate, il 12 marzo HFarm sollecita Palazzo Balbi. Salvo chiedere, 15 giorni più tardi, attraverso lo studio legale padovano Domenichelli, il rinvio di una settimana della riunione fissata per l’indomani. Fra il 4 ed il 16 aprile il proponente manda altri documenti, alcuni dei quali analizzati anche se recapitati oltre il termine concordato. Tutto nel modo più veloce e collaborativo possibile, e se c’è stato lo stop di una settimana, è per la richiesta della società. La quale, va ricordato, è partecipata da Donadon attraverso la Ca’ Tron Real Estate per il 4%, da Cattolica Assicurazioni (56%) e da Cassa depositi e prestiti Investimenti Sgr (40%). A finanziare il tutto, con 101 milioni, è un Fondo di investimento alternativo (Fia) immobiliare di Finint investments. Da considerare anche, spiegano ancora a Venezia, che se il Campus fosse stato assoggettato a Via contestualmente alla Vas (Valutazione ambientale e strategica) svolta un anno fa, a quest’ora tutto sarebbe già concluso. Perché questa strada non sia stata percorsa non è noto, a meno di non attribuire la scelta alla mera speranza di evitare i passaggi pubblici che la Via implica. Al punto da rimuovere dal progetto originario una passerella ed un parcheggio i quali, rientrando nel Parco del fiume Sile, avrebbero introdotto in automatico l’obbligo della Via.
Le criticità
Ma cosa c’è nel progetto da esaminare con tutti i crismi di una Via? Il nodo più pesante è quello idraulico. Il sistema Piave-Sile allagò la zona nel 1966 e nel 1986 e, fondamentalmente, da allora non è cambiato un granché. Anzi, i limiti più restrittivi posti dal governo di Matteo Renzi nel 2016 classificano quell’angolo meridionale della Marca Trevigiana ancora più severamente sotto il profilo del pericolo di inondazioni. Ancora, nel Piano di assetto del territorio (Pat) di Roncade quella parte di Ca’ Tron è sempre stata definita inidonea all’edificazione fino al 2016. Così anche nel Pat della confinante Meolo. Ma a Roncade, lo scorso anno, il suolo diventa di colpo idoneo «purché si realizzino opportune opere di contenimento» di eventuali esondazioni. Ad esempio vasche di laminazione la cui profondità non deve chiaramente andare ad interferire con le falde superficiali. La relazione di H-Farm dice che tutte le vene sono profonde oltre due metri ma per gli esperti della Via così non è. «C’è un pozzetto dell’Arpav di cui non si è tenuto conto – spiegano – a monitoraggio di una falda che oscilla fra i 50 ed i 30 centimetri di profondità». E un bacino fatto per ammortizzare le esondazioni non serve a nulla se si riempie subito di acqua sotterranea. E’ ragionevole, dunque, allertare la Protezione Civile ad ogni pioggia eccezionale per tutelare tremila persone di una scuola costruita proprio lì?
Cambiando punto di osservazione, è ancora sostenibile un progetto industriale che potrebbe dover richiedere ulteriori importanti sforzi finanziari? A meno che non si trovi il «magheggio» di farlo andar bene così com’è e far pronunciare alla Commissione il via libera fra 240 giorni.
L’innovatore
Donadon, però, coltiva una microscopica speranza, quella che la Commissione, prima di verbalizzare il contenuto della seduta di giovedì, compia un «gesto di buonsenso» e conceda alla società di cominciare con i lavori. Se non andranno bene si negherà l’agibilità, ma se fossero corretti si sarà guadagnato del tempo. «Dubito che si possa fare – riconosce – ma almeno non mi si prenda in giro con la storia del Piave che esonda e mi manda sott’acqua di 20 centimetri. Abbiamo utilizzato la consulenza di esperti di grande spessore, se è questo il timore mi si dica con esattezza come intervenire. Se un privato vuole investire 65 milioni, peraltro per fare una scuola e non un impianto di smaltimento rifiuti, lo prendi per mano e non ti poni in antagonismo». Quanto inciderà questo ritardo sul business plan? «Se non apriamo per il prossimo settembre il danno sarà gestibile. Ma se per settembre 2019 la scuola non dovesse partire le conseguenze sarebbero molto più pesanti». Intanto con Donadon si schiera il rettore di Ca’ Foscari, Michele Bugliesi: «Nel rispetto del procedimento amministrativo, auspico che il Campus veda presto la luce per creare nuove opportunità di studio e lavoro. Continuiamo a credere nel progetto e auspichiamo possa essere completato al più presto».