Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

BULLISMO, PUNIZIONE NECESSARIA

- di Gabriella Imperatori

Bullismo, in una sola settimana si sono verificati ben due episodi gravissimi, uno in Toscana e un altro in Veneto, uno contro un professore umiliato e offeso da un trio di ragazzotti idioti e aggressivi, l’altro da parte di un gruppetto di bulle contro una compagna fino a indurla a tentare il suicidio, gettandosi da una finestra della sua scuola nel veneziano. Ognuno dei due episodi ha dei precedenti. La violenza, per esempio, contro un docente che a suo tempo ha fatto molto parlare e scrivere ma dei cui artefici, della loro punizione, nulla è trapelato. L’altro ha invece riportato in luce l’esistenza, non episodica, di una violenza femminile che ogni tanto scatta non tanto contro qualche maschio, ma contro un’altra femmina, evidenteme­nte ritenuta debole e non in grado di difendersi. Al professore toscano sono state rivolte parole che è poco definire brutali: «Ridammi il sei!», «inginocchi­ati!» «chi credi che comandi qui?», fra le risa dei compagni e la ripresa con il cellulare della scena, poi postata in rete. L’insegnante sembra non reagire, dirà più tardi che non lo ha fatto per il bene dei ragazzi, o forse perché il più bullo alla fine gli ha chiesto scusa. E tutto sarebbe magari finito così se i social non avessero reso pubblica l’impresa. Solo a questo punto si è deciso di riunire il consiglio d’istituto, convocando anche i genitori che cadono dalle nuvole davanti alle accuse nei confronti dei loro angioletti. Non sapevano niente. E questa è una colpa.

Mio padre raccontava che, quando a scuola ci andava lui, di fronte a fatti anche meno gravi si veniva espulsi da tutte le scuole d’Italia. Poi, con la diffusione della psicologia, i sensi di colpa degli adulti han sovrastato quelli degli adolescent­i, e perfino dei bambini, se è vero che, in una prima media, uno scolaro ha minacciato il professore di «farlo sciogliere nell’acido».

Diversa, in parte, la violenza femminile di gruppo su una compagna. Qui possono entrare in campo gelosie, competizio­ni, gruppetti escludenti che abbiamo conosciuto tutte, anche senza la prevaricaz­ione attuale che può perfino indurre a tentar di togliersi la vita.

A questo punto non si può e non si deve passar sopra certi comportame­nti. Un insegnante sbeffeggia­to, una ragazzina in ospedale con anca e costole fracassate richiedono punizioni memorabili. Non spetta a me indicare quali: bocciatura con il 6 in condotta? Querela civile e penale, certo con le attenuanti relative all’età? Lavori socialment­e utili? Non solo.

Urge che nelle classi si recuperi quell’educazione civica che stoltament­e era stata messa in naftalina e che contrasta gli istinti prevaricat­ori da sempre presenti nell’animo umano. Se la punizione fisica può essere considerat­a il fallimento dell’educazione, la punizione educativa può essere invece un modo, nei casi più gravi, per salvare i colpevoli da un futuro criminale.

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