Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
La Corte costituzionale boccia la legge sui veneti «minoranza nazionale» Ciambetti: negata la storia
Per i giudici mina unità e indivisibilità della Repubblica
I giudici È assente ogni evidenza di tipo storico o sociologico che indichi nei veneti un popolo o una minoranza
È finita come molti (tutti) si attendevano: con la bocciatura della Corte costituzionale. E d’altronde, come si poteva pensare di fare del Veneto una «minoranza nazionale» in Italia, alla stregua dei curdi in Turchia, dei Rom in Romania o dei nord-irlandesi in Gran Bretagna? Nel corso del giudizio davanti alla Consulta l’ha infine ammesso la stessa Regione Veneto che quella legge approvata il 6 dicembre del 2016, che pure tenne impegnato il consiglio regionale per un giorno intero facendo parlare giornali e tivù da Predoi a Lampedusa, non voleva essere «eversiva» ma andava inquadrata nell’ambito della trattativa avviata con lo Stato per ottenere maggiore autonomia e insomma, altro non era che «una sorta di ricognizione con lo scopo evidente di ridare vigore alla memoria e, con essa, a un sistema di valori la cui nobiltà è innegabile».
La Corte non si è fatta convincere ed ha comunque bocciato, con buona pace di Aggregazione Veneta, il rassemblement di associazioni che ci aveva creduto a tal punto da costituirsi davanti alla Corte al fianco della Regione e dell’indipendentista Loris Palmerini, già presidente dell’Autogoverno del Popolo Veneto e del Tribunale dello Stato delle Venezie. Aggregazione Veneta da un anno e mezzo si preparava a raccogliere e certificare le richieste di riconoscimento della «nazionalità veneta», a costituire commissioni di valutazione della «grafia veneta legale» e allestire asili nido e scuole materne venetiste (con esibita inclinazione antivaccinista) mentre già nel corso del dibattito a Palazzo Ferro Fini era stato eliminato dall’articolato della legge il controverso «patentino di bilinguismo» ispirato all’esperienza altoatesina, che avrebbe aperto scenari imprevedibili non soltanto nelle scuole ma anche nei concorsi pubblici e perfino nei palinsesti della Rai.
Tre, essenzialmente, le censure di illegittimità avanzate dall’Avvocatura dello Stato e accolte dai giudici costituzionali. Uno: il principio di unità e indivisibilità impedisce di rappresentare la Repubblica come «una somma materiale di minoranze» e, in ogni caso, le minoranze nazionali non potrebbero coincidere con le Regioni, dal momento che queste sono per Costituzione articolazioni territoriali della Repubblica stessa. Due: riconoscere una minoranza sarebbe possibile e necessario solo quando, in mancanza di tale riconoscimento, si negherebbe l’identità collettiva del gruppo, il che non è nel caso dei veneti, «data l’assenza di ogni evidenza di tipo storico o sociologico che riveli nella popolazione del territorio veneto connotati identitari tali da giustificare il trattamento giuridico di minoranza». Tre: il legislatore regionale non era competente ad adottare la legge impugnata, dal momento che l’attuazione della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «politica estera e rapporti internazionali dello Stato». Con una chiosa finale da parte dei giudici costituzionali molto rilevante, anche per altre dispute che da tempo animano la galassia indipendentista veneta: «Non è consentito al legislatore regionale rappresentare la “propria” comunità in quanto tale come“minoranza ”» facendone una sorta di« frazione di popolo» rispetto alla comunità nazionale, perché ciò significherebbe« introdurre un elemento di frammentazione» della stessa comunità nazionale, ovviamente contrario ai principi fondamentali della Costituzione.
«Per la Consulta non esiste un Popolo Veneto e, dunque, non esiste una minoranza nazionale - commenta il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti -. Secoli di storia evidentemente non contano nulla».