Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
La svolta di Cattolica «Più valore ai soci di capitale e una governance snella ma non diventeremo Spa»
A suo modo, sarà un’assemblea storica. Nell’anno 122 dalla nascita, Cattolica Assicurazioni proporrà ai suoi 24 mila soci, chiamati a riunirsi sabato 28 a Verona, una cosa finora mai vista: cambiare l’ultracentenario statuto cooperativo della società per aprire il consiglio di amministrazione anche ai soci di capitale che potrebbero ottenere, in caso di presentazione di una lista, fino a due posti a partire dall’anno prossimo. Non solo: il prossimo Cda, che scenderà a 17 componenti, assorbirà e svolgerà le funzioni anche del collegio sindacale, adottando il cosiddetto sistema «monistico» di scuola anglosassone. Insomma, una rivoluzione nella governance del gruppo assicurativo veronese, che oggi conta 1.600 dipendenti, una rete composta da oltre 1.500 agenzie e più di 3,6 milioni di clienti.
Presidente Paolo Bedoni, questa innovazione andrà a incidere nel Dna stesso della compagnia: da dove nasce l’esigenza di modificare in questa direzione il vostro statuto?
«Io mi auguro innanzitutto che questo cambiamento proposto all’assemblea, una volta approvato, dia una maggiore stabilità alla governance del gruppo. In più, andiamo a legittimare e quindi a valorizzare la figura dell’azionista, che apporta capitali alla nostra società ma che finora ha giocato soltanto un ruolo da spettatore nella gestione dell’impresa. I soci di capitale ci possono aiutare ad aprirci di più al mercato, adeguando il nostro modello cooperativo alle sfide che il mercato stesso ci pone. Puntiamo a creare con gli azionisti un rapporto stabile e duraturo, che esca da una pura logica speculativa».
In molti si chiedono se questo percorso porterà Cattolica a trasformarsi da cooperativa in Società per azioni.
«No, non è un passo verso la Spa. La forza di Cattolica è legata al suo modello e alla sua identità di impresa cooperativa, che non è in discussione. Io dico invece: rafforziamo la presenza dei soci di capitale, che sta diventando sempre più fondamentale e necessaria».
Questo non comporterà uno snaturamento della compagnia, per esempio allontanandola dal suo territorio di riferimento?
«Assolutamente no, il radicamento nel territorio per noi non è soltanto un’etichetta e neppure una forma di provincialismo, bensì la lente d’ingrandimento che ci consente di leggere correttamente il sistema dell’economia reale. Per noi è prioritario porre al centro della nostra attività d’impresa il consumatore e il rapporto con il territorio attraverso la nostra rete agenziale».
Dall’adozione del sistema «monistico» quali vantaggi vi attendete?
«Sicuramente avremo una governance aziendale più snella nelle decisioni, che andrà ad aggiungersi alla maggiore stabilità raggiunta da questo Cda, che è stato il primo a godere di un mandato pieno triennale e grazie a questo ha potuto fare scelte importanti. Ora il Consiglio di amministrazione scade tutto insieme e non ci sarà più la sfasatura nei tempi con il collegio sindacale. Inoltre, un Cda ridotto nel numero dei componenti ci darà maggiore agilità operativa».
Di solito, quando si riducono le poltrone c’è sempre qualcuno che se ne lamenta: sta succedendo anche a voi?
«Sinceramente no, finora non ho avuto alcun ritorno negativo sulla proposta di riduzione, anzi, abbiamo registrato anche il pieno sostegno della Vigilanza. Certo, l’assemblea è sovrana e in assemblea spiegheremo per bene a tutti i soci che questa non è una decisione estemporanea bensì il frutto di un percorso coerente per dare a Cattolica una governance più stabile».
Anche senza essere per forza una Spa, giusto?
«Giusto, non è un passo verso la Spa. La quotazione in Borsa è l’elemento autenticamente centrale perché permette di stare sul mercato uscendo da una logica protezionistica che non fa mai bene. L’essere quotati garantisce che sia il mercato, oltre ai soci, a valutare l’azienda. La forma giuridica conta, ma soprattutto è la gestione dell’impresa a fare la differenza. Quello che è successo nel nostro territorio deve servire come
Il sistema «monistico» Un Cda ridotto nel numero dei componenti ci darà maggiore agilità operativa
esempio».
La risoluzione del rapporto con BpVi vi ha dato un nuovo slancio?
«Quando l’assemblea 2017 ha sciolto il legame statutario con BpVi, che deteneva il 15% del nostro capitale, si è innescato un nuovo corso per Cattolica e la prospettiva è radicalmente cambiata. Anche perché un conto è fare un accordo commerciale di bancassicurazione come quelli che abbiamo sottoscritto con Ubi Banca, Iccrea e con il Banco-Bpm, un altro conto è avere un vincolo statutario come quello che ci legava a BpVi. Ora usciamo da un anno di grandi cambiamenti, con un utile inferiore all’esercizio precedente (da 93 a 56 milioni di euro, anche in conseguenza delle forti svalutazioni, ndr), ma Cattolica è talmente solida da poter mantenere gli impegni con i soci e riproporre lo stesso dividendo a 0,35 euro per azione».
Il progetto del nuovo campus di H-Farm nella vostra tenuta di Ca’ Tron ha incontrato opposizioni e adesso la Regione chiede la Valutazione di impatto ambientale: siete preoccupati per questo?
«Spero nell’intelligenza di chi è chiamato a decidere e mi auguro di cuore che si trovino le soluzioni per accelerare i tempi di autorizzazione. Quello del campus è un progetto di respiro quanto meno nazionale, in cui crediamo fortemente. Potremo offrire un’opportunità unica in Italia nel campo della formazione: per una volta che il Veneto si pone all’avanguardia, cerchiamo di non sprecare l’occasione».