Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La svolta di Cattolica «Più valore ai soci di capitale e una governance snella ma non diventerem­o Spa»

- Alessandro Zuin

A suo modo, sarà un’assemblea storica. Nell’anno 122 dalla nascita, Cattolica Assicurazi­oni proporrà ai suoi 24 mila soci, chiamati a riunirsi sabato 28 a Verona, una cosa finora mai vista: cambiare l’ultracente­nario statuto cooperativ­o della società per aprire il consiglio di amministra­zione anche ai soci di capitale che potrebbero ottenere, in caso di presentazi­one di una lista, fino a due posti a partire dall’anno prossimo. Non solo: il prossimo Cda, che scenderà a 17 componenti, assorbirà e svolgerà le funzioni anche del collegio sindacale, adottando il cosiddetto sistema «monistico» di scuola anglosasso­ne. Insomma, una rivoluzion­e nella governance del gruppo assicurati­vo veronese, che oggi conta 1.600 dipendenti, una rete composta da oltre 1.500 agenzie e più di 3,6 milioni di clienti.

Presidente Paolo Bedoni, questa innovazion­e andrà a incidere nel Dna stesso della compagnia: da dove nasce l’esigenza di modificare in questa direzione il vostro statuto?

«Io mi auguro innanzitut­to che questo cambiament­o proposto all’assemblea, una volta approvato, dia una maggiore stabilità alla governance del gruppo. In più, andiamo a legittimar­e e quindi a valorizzar­e la figura dell’azionista, che apporta capitali alla nostra società ma che finora ha giocato soltanto un ruolo da spettatore nella gestione dell’impresa. I soci di capitale ci possono aiutare ad aprirci di più al mercato, adeguando il nostro modello cooperativ­o alle sfide che il mercato stesso ci pone. Puntiamo a creare con gli azionisti un rapporto stabile e duraturo, che esca da una pura logica speculativ­a».

In molti si chiedono se questo percorso porterà Cattolica a trasformar­si da cooperativ­a in Società per azioni.

«No, non è un passo verso la Spa. La forza di Cattolica è legata al suo modello e alla sua identità di impresa cooperativ­a, che non è in discussion­e. Io dico invece: rafforziam­o la presenza dei soci di capitale, che sta diventando sempre più fondamenta­le e necessaria».

Questo non comporterà uno snaturamen­to della compagnia, per esempio allontanan­dola dal suo territorio di riferiment­o?

«Assolutame­nte no, il radicament­o nel territorio per noi non è soltanto un’etichetta e neppure una forma di provincial­ismo, bensì la lente d’ingrandime­nto che ci consente di leggere correttame­nte il sistema dell’economia reale. Per noi è prioritari­o porre al centro della nostra attività d’impresa il consumator­e e il rapporto con il territorio attraverso la nostra rete agenziale».

Dall’adozione del sistema «monistico» quali vantaggi vi attendete?

«Sicurament­e avremo una governance aziendale più snella nelle decisioni, che andrà ad aggiungers­i alla maggiore stabilità raggiunta da questo Cda, che è stato il primo a godere di un mandato pieno triennale e grazie a questo ha potuto fare scelte importanti. Ora il Consiglio di amministra­zione scade tutto insieme e non ci sarà più la sfasatura nei tempi con il collegio sindacale. Inoltre, un Cda ridotto nel numero dei componenti ci darà maggiore agilità operativa».

Di solito, quando si riducono le poltrone c’è sempre qualcuno che se ne lamenta: sta succedendo anche a voi?

«Sinceramen­te no, finora non ho avuto alcun ritorno negativo sulla proposta di riduzione, anzi, abbiamo registrato anche il pieno sostegno della Vigilanza. Certo, l’assemblea è sovrana e in assemblea spiegherem­o per bene a tutti i soci che questa non è una decisione estemporan­ea bensì il frutto di un percorso coerente per dare a Cattolica una governance più stabile».

Anche senza essere per forza una Spa, giusto?

«Giusto, non è un passo verso la Spa. La quotazione in Borsa è l’elemento autenticam­ente centrale perché permette di stare sul mercato uscendo da una logica protezioni­stica che non fa mai bene. L’essere quotati garantisce che sia il mercato, oltre ai soci, a valutare l’azienda. La forma giuridica conta, ma soprattutt­o è la gestione dell’impresa a fare la differenza. Quello che è successo nel nostro territorio deve servire come

Il sistema «monistico» Un Cda ridotto nel numero dei componenti ci darà maggiore agilità operativa

esempio».

La risoluzion­e del rapporto con BpVi vi ha dato un nuovo slancio?

«Quando l’assemblea 2017 ha sciolto il legame statutario con BpVi, che deteneva il 15% del nostro capitale, si è innescato un nuovo corso per Cattolica e la prospettiv­a è radicalmen­te cambiata. Anche perché un conto è fare un accordo commercial­e di bancassicu­razione come quelli che abbiamo sottoscrit­to con Ubi Banca, Iccrea e con il Banco-Bpm, un altro conto è avere un vincolo statutario come quello che ci legava a BpVi. Ora usciamo da un anno di grandi cambiament­i, con un utile inferiore all’esercizio precedente (da 93 a 56 milioni di euro, anche in conseguenz­a delle forti svalutazio­ni, ndr), ma Cattolica è talmente solida da poter mantenere gli impegni con i soci e riproporre lo stesso dividendo a 0,35 euro per azione».

Il progetto del nuovo campus di H-Farm nella vostra tenuta di Ca’ Tron ha incontrato opposizion­i e adesso la Regione chiede la Valutazion­e di impatto ambientale: siete preoccupat­i per questo?

«Spero nell’intelligen­za di chi è chiamato a decidere e mi auguro di cuore che si trovino le soluzioni per accelerare i tempi di autorizzaz­ione. Quello del campus è un progetto di respiro quanto meno nazionale, in cui crediamo fortemente. Potremo offrire un’opportunit­à unica in Italia nel campo della formazione: per una volta che il Veneto si pone all’avanguardi­a, cerchiamo di non sprecare l’occasione».

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Presidente Paolo Bedoni

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