Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ponte, Vardanega promette «Toglierò quelle dighe per senso di responsabilità»
La ditta ha lasciato il cantiere: «Ma le ture spariranno»
Vardanega Molti hanno capito che il problema principale non sono io
Come da comunicazione Pec inviata al Comune venerdì sera, l’impresa Nico Vardanega Costruzioni se ne va ed interrompe in autotutela i lavori di restauro del Ponte degli Alpini, ma prima ha assicurato che rimuoverà le ture costruite nell’alveo del Brenta a protezione dell’area di lavoro attorno alle due stilate a est del monumento ligneo. Un’operazione che, come ribadito dai tecnici comunali in un secondo ordine di servizio inviato ieri, dovrà essere completata entro il 15 maggio.
«Rispetteremo per senso di responsabilità l’ordine di servizio ed eseguiremo lo smantellamento delle dighe», garantisce Giannantonio Vardanega, il titolare della ditta trevigiana. Nonostante lo scontro in atto con il Comune e la decisione di lasciare l’intervento, l’impresa fa sapere di non volersi tirarsi indietro di fronte ai problemi di sicurezza che potrebbero crearsi nell’alveo per effetto delle possibili «brentane» e dell’aumento della portata del fiume a seguito del disgelo delle nevi in montagna. La rimozione è prevista anche dalla relazione idraulica del progetto di restauro firmata dal Genio civile. Secondo le statistiche dell’Arpav, che ha lo storico del comportamento del Brenta nel mese di maggio degli ultimi 30 anni, è reale il rischio che la portata fluviale si faccia più consistente in questo periodo. E gli sbarramenti in alveo, costruiti con materiale di riporto, perlopiù sabbia e massi, potrebbero essere spazzati dalla furia dell’acqua, mettendo in pericolo lo stesso ponte ligneo, già in condizione precarie, ma anche il vicino canale e gli edifici che si affacciano sul Brenta. L’ordine di servizio in questione impone la rimozione completa delle ture e non parziale come invece aveva previsto Vardanega prima che esplodesse lo scontro con il Comune.
«È un aspetto che stiamo valutando - dice l’impresario trevigiano - A giorni entreremo in azione».
Sul braccio di ferro con i tecnici comunali, il patron dell’impresa di Possagno preferisce invece non commentare, ma si limita a dichiarare : «A breve daremo la nostra versione dei fatti anche se ormai molti hanno capito che il problema principale non sia da imputare alla Vardanega». Che lascia e se ne va «per non essere stata messa nelle condizioni di lavorare, per le criticità e i difetti riscontrati nel progetto e per i problemi sorti con la direzione lavori». Dal canto suo, i tecnici della municipalità sostengono che la ditta abbia accumulato pesanti ritardi rispetto al cronoprogramma e sia inadempiente e va avanti senza scendere a patti co la ditta.
Quello delle ture è il sesto ordine di servizio inviato all’impresa dalla sottoscrizione del contratto che ora è appeso ad un filo. Fin dalle prime battute erano emersi attriti tra azienda e staff tecnico. Un rapporto che ora potrebbe essere all’epilogo. Le prossime ore saranno decisive per il futuro dei lavori. L’amministrazione si è rivolta agli avvocati per capire se vi siano i margini per procedere con la risoluzione del contratto, e la Vardanega ha risposto presentando il conto al Comune per 1 milione 200mila euro. Ma potrebbe esserci anche una richiesta danni «per andamento anomalo del cantiere» di circa 395mila euro.
Per la municipalità, i lavori fin qui svolti non superano i 200mila euro e non ne vuole sapere di aumentare la posta. Si preannuncia una nuova battaglia legale. L’unica certezza al momento riguarda i tempi dell’intervento di restauro: la conclusione prevista per giugno 2019 probabilmente non sarà rispettata. E sono in molti a chiedersi, anche tra i consiglieri comunali di opposizione, se la guerra in corso tra i contendenti avrà riflessi anche sul costruendo polo museale Santa Chiara nel cui cantiere opera la Vardanega.