Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ponte, tolto il cantiere a Vardanega
Bassano, il Comune ha deciso di chiudere con la ditta trevigiana e chiedere i danni
Ultimo atto di un’odissea e di una lite tra il Comune e la ditta Vardanega sui lavori per salvare il Ponte di Bassano. L’amministrazione rescinde il contratto e si prepara a chiedere i danni all’impresa. È quanto ha deciso ieri, dopo giorni di tentennamenti e una lettere dello stesso Vardanega, l’amministrazione di Riccardo Poletto. L’imprenditore trevigiano, dal canto suo, ribatte: «Farò ricorso contro il provvedimento».
«Risoluzione in danno del contratto»: si chiude così la partita fra il Comune di Bassano e l’impresa appaltatrice dei lavori di restauro del Ponte degli Alpini, la «Nico Vardanega Costruzioni» di Possagno. Dopo il consulto con i legali, ieri mattina, il dirigente comunale Walter Stocco ha firmato l’atto per sciogliere il rapporto con la ditta. E non solo. Ritenendo di essere stato danneggiato a causa dei ritardi dell’intervento e delle inadempienze attribuite all’azienda, il Comune ha chiesto l’applicazione di una penale di 453mila euro, nella misura massima prevista, ossia il 10 per cento dell’appalto. E pure la restituzione delle somme già erogate alla ditta come anticipo, ossia 879mila euro, al netto delle opere svolte, la cui entità sarà quantificata dalla direzione dei lavori e dal Rup - il responsabile unico del procedimento - e poi verificata da due professionisti esterni. Ed è stato confermato anche l’ordine di servizio inviato all’impresa per la rimozione delle «ture», le «dighe» costruite nell’alveo del Brenta a protezione del cantiere attorno alle due stilate a est del ponte. Per cui tutto da rifare. E per il restauro del monumento sacro alla Patria, che appare in condizioni sempre peggiori, si aprono ora nuovi e tempi incerti.
«Dipenderà anche dalle mosse della controparte: noi vorremmo procedere speditamente - sottolinea il sindaco Riccardo Poletto -. Non pensiamo ad una nuova gara. Scorreremo la graduatoria fino alla quinta impresa». In pole position ritorna la Inco di Pergine Valsugana, giunta seconda, che già due anni fa era stata momentaneamente incaricata dei lavori dopo che era stato tolto alla Vardanega dopo che il Tar li aveva «tolti» alla Vardanega per alcune presunte irregolarità nell’appalto. Sono numerosi i punti contestati all’azienda trevigiana dalla struttura tecnica comunale, riassunti ieri dal primo cittadino e dal suo vice Roberto Campagnolo durante la comunicazione della risoluzione del contratto. È di una settimana fa, invece, la dichiarazione dell’interruzione dei lavori in autotutela da parte dell’impresa, definita dai due amministratori «un colpo di teatro».«Dall’avvalimento con il Consorzio Al.Ma di Caserta che avrebbe dovuto supportare la Vardanega nell’intervento, non abbiamo mai visto il direttore tecnico e nemmeno una carriola - ha attaccato Poletto -. Per non parlare dei mancati lavori e ai ritardi accumulati, fino al materiale funzionale alle lavorazioni, come i legni o la trave di fondazione, che non è stato formalmente ordinato dal momento che abbiamo ricevuto richieste di subappalto per tre lavorazioni. Quella di Brenta Servizi per lacostruzione e rimozione delle ture per 381mila euro; la Cos Idra per l’intervento sui rostri pari a 48 mila; la C9 Costruzioni per la fornitura dei martinetti, 10mila euro in tutto, con cui sollevare l’impalcato. Il risultato è che i lavori sono fermi da mesi. In più di un anno dalla consegna del cantiere abbiamo visto solo opere provvisionali: di fatto il restauro non è mai iniziato».
I due amministratori hanno rispedito alla ditta anche le accuse di chiusura e di scarsa collaborazione da parte del team tecnico comunale («Si contano 141 presenze in cantiere della direzione dei lavori in poco più di un anno mentre sono 21 quelle nel polo Santa Chiara; 26 le visite del responsabile della sicurezza», ha detto il sindaco) e hanno difeso il progetto redatto da Claudio Modena e Giovanni Carbonara «che è stato approvato dal ministero, dalla Sovrintendenza, dal Genio civile, dal Centro studi Palladio». «La Vardanega l’ha demolito per giustificare i lavori che non ha eseguito», affermano e puntano il dito contro le inadempienze della ditta trevigiana. «Nonostante i ripetuti solleciti non ci ha presentato un piano sulle lavorazioni future e l’abbiamo lasciata fare quando ha deciso di introdurre delle variazioni come la puntellazione delle due stilate a est - continuano - Dopo mesi di inattività e a seguito della nostra minaccia di rescindere il contratto delle scorse settimane, l’impresa ha attribuito ogni responsabilità al progetto, in particolare all’indisponibilità della spalla del ponte sul lato sinistro». Dal canto suo la Vardanega fa sapere di aver proposto al Comune una «rescissione del contratto per errore progettuale», che però non è stata accolta. «A questo punto ci opporremo nelle sedi opportune”, commenta il titolare Giannatonio Vardanega.
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