Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Microchip e telefono salvano il cuore
L’ospedale di Vicenza è tra i primi ad applicare questa tecnica di prevenzione
Una ricetrasmittente sotto la pelle che «ascolta» il cuore e, tramite il cellulare, invia ogni sera un report alla Cardiologia dell’ospedale San Bortolo, dove un «cervellone» può verificare eventuali anomalie. L’Usl 8 di Vicenza è tra le prime in Italia a proporre questa nuova tecnologia per il monitoraggio delle aritmie, rivoluzionaria nella prevenzione degli scompensi cardiaci: «È adatto soprattutto a giovani e sportivi» spiega il primario Angelo Ramondo.
Una ricetrasmittente sotto la pelle che «ascolta» il cuore e, tramite il cellulare Android o l’Iphone, invia ogni sera un report alla Cardiologia dell’ospedale San Bortolo, dove un «cervellone» può verificare eventuali anomalie.
L’Usl 8 di Vicenza è la prima nel Triveneto in un ospedale pubblico (e tra le primissime in Italia), a proporre questa nuova tecnologia per il monitoraggio delle aritmie, rivoluzionaria nella prevenzione degli scompensi cardiaci: «È una tecnica adatta soprattutto a giovani e sportivi» spiega Angelo Ramondo, primario del reparto durante la presentazione di questa tecnica di prevenzione.
La prima paziente a cui Ramondo, qualche giorno fa, ha impiantato a livello sottocutaneo questa nuova tecnologia è stata una donna vicentina di circa 45 anni. L’intervento si è svolto in day hospital. «Una donna giovane, che presentava aritmie difficili da identificare. Probabilmente una malattia del muscolo cardiaco – spiega il primario Ramondo– ora grazie ai report continui potremo seguire meglio il caso».
I sistemi di monitoraggio impiantabili non sono una novità assoluta, «vengono utilizzati da tempo per studiare nel lungo periodo le aritmie irregolari, che sono un problema e una preoccupazione seria. Possono sfuggire anche a un esame “holter” di 24 ore, o persino a un monitoraggio della durata di una settimana. Per la prima volta però in caso di necessità il paziente può inviare in tempo reale i dati rilevati», aggiunge Ramondo. Normalmente, infatti, con questo tipo di dispositivi il controllo e l’eventuale invio dei dati viene effettuato solo durante la notte, utilizzando un apposito trasmettitore che il paziente deve tenere sul proprio comodino. Un apparecchio ben più voluminoso del telefono, che questa tecnologia rende non più necessario: a trasmettere al computer centrale via internet è lo smartphone del paziente (l’applicazione si chiama MyMerlin) e chi ha la schedina impiantata sotto la cute può contattare direttamente l’ospedale in caso di necessità: «In caso di sintomi di svenimento, o di altre anomalie avvertite, il paziente sempre tramite la app può effettuare subito la trasmissione dei dati o chiamare i soccorsi» conferma lo specialista.
L’apparecchio in questione è
Il primario Tra i primi ad usare tale tecnica rivoluzionaria nella prevenzione degli scompensi cardiaci
una schedina di dimensioni molto contenute - appena 49 millimetri di lunghezza, 9,4 millimetri di larghezza e 3,1 millimetri di spessore - che viene inserita sotto la cute, all’altezza dello sterno: per il suo impianto e la successiva medicazione ci vogliono circa 10 minuti in cui, con un apposito bisturi, viene tagliato un lembo di pelle; segue l’inserimento dell’apparecchio tramite un apparecchio a forma di siringa. La scheda è realizzata in materiale totalmente inerte, in modo da evitare rigetti: «Lo stesso materiale che viene usato direttamente per interventi al cuore – osserva Ramondo –, l’applicazione dell’impianto sottocutaneo non provoca fastidi al paziente, che potrà continuare anche a fare sport come faceva prima».
Questo tipo di intervento ha un costo, per l’ospedale San Bortolo di Vicenza, di circa duemila euro.
Il trattamento – di fatto un elettrocardiogramma effettuato giorno per giorno, costantemente – può durare fino a due anni: in questo modo, i dati raccolti consentono di identificare anche le aritmie cardiache più difficili da rilevare, compresa la fibrillazione atriale. «Una volta raccolti tutti i dati necessari - conclude il dottor Ramondo - siamo in grado di comprendere con precisione la causa dell’aritmia e quindi di intraprendere il percorso terapeutico più adatto, sempre privilegiando un approccio di tipo mini-invasivo».