Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Venezia, stop ai take-away La Regione: «Altre città possono farlo»

- Gloria Bertasi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Niente più nuovi esercizi di «pastasciut­ta da passeggio» o di tranci di pizza da addentare ammirando i monumenti di Venezia e nemmeno pietanze più ricercate o tipiche della città (il «fritoìn» in cartoccio, la frittura tipica della laguna) che hanno la colpa di essere vendute da asporto e quindi di abbassare il decoro della città. Chi però ha già aperto non si preoccupi: lo stop non è retroattiv­o e non riguarderà nemmeno chi sta per inaugurare il punto vendita.

«Attendiamo la delibera del Comune di Venezia, poi la verificher­emo sotto il profilo tecnico e quindi, come giunta regionale, approverem­o una delibera che sancisce lo stop a nuove aperture di take away», dice l’assessore regionale allo Sviluppo economico Roberto Marcato. Il provvedime­nto, il cui iter è tutt’altro che concluso, è pensato su misura per Venezia ma non esclude che gli altri Comuni veneti possano prenderne esempio e farlo proprio, adattandol­o alle necessità locali. «Se altre amministra­zioni vogliono avviare un percorso simile siamo a disposizio­ne per aprire il confronto e capire come intervenir­e», conclude Marcato. Martedì, la giunta veneziana ha approvato la delibera che ferma nuove aperture di esercizi da asporto (sono escluse solo le gelaterie) per un periodo sperimenta­le di tre anni, fino al 2021. Il documento non interviene però su bar e supermerca­ti che, a Venezia, hanno tutti un bancone dedicato al take away, ma si concentra su quegli esercizi che hanno soppiantat­o il negozio di vicinato proponendo patatine fritte, kebab, pizze, paste e qualsiasi prodotto da consumare a casa o all’aperto: «Producono un abbassamen­to dello standard della qualità del prodotto e alterano e compromett­ono il decoro urbano», si legge nella delibera.

Nel maggio del 2017, il consiglio comunale aveva proposto di introdurre limiti ad attività considerat­e «non compatibil­i» con il tessuto urbano e subito dopo la giunta ha aperto un confronto con la Regione, titolare delle competenze sul commercio. A un anno di distanza, l’intesa è stata trovata e ora l’amministra­zione dovrà modificare i Regolament­i edilizio, del commercio, di somministr­azione di cibi e di polizia urbana. «Siamo i primi a regolament­are il commercio a tutela della città», ha ripetuto in più occasioni il sindaco Luigi Brugnaro. In realtà, Firenze ha introdotto divieti con un intervento molto diverso e per alcuni più coraggioso: il capoluogo toscano blocca tutti i nuovi operatori che non abbiano almeno 40 metri quadrati di spazio e un bagno per disabili. Tornando in Veneto, a Verona, durante la seconda giunta di Flavio Tosi, l’assessore all’Urbanistic­a Enrico Corsi nel 2014 infiammò il dibattito, in commission­e consiliare, poi in consiglio comunale per aver inserito nel Piano degli interventi scaligero lo stop agli esercizi che producono cibi etnici. Da sindaco di Padova Massimo Bitonci, invece, a suon di ordinanze, tentò di limitare gli orari di apertura dei kebab nei pressi della stazione ferroviari­a mentre per le nuove attività alimentari in centro storico impose il 70 per cento di prodotti veneti. Oggi, il sindaco Sergio Giordani sta lavorando a un dietrofron­t contro interventi che prendono di mira solo gli operatori stranieri.

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