Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Ponte, ennesima lite Vardenega chiede soldi per togliere le dighe

Avrebbe dovuto eliminarle ieri. Lettera al Comune

- Raffaella Forin

Si fa duro lo scontro tra il Comune e la Nico Vardanega Costruzion­i sulla questione della rimozione degli sbarrament­i di ghiaia e massi costruiti nell’alveo del Brenta a protezione dell’area di cantiere per il restauro del Ponte degli Alpini. Le posizioni sembrano essere sempre più inconcilia­bili. L’ultima mossa della travagliat­a vicenda è della ditta che arriva a chiedere, attraverso una lettera al Comune, di essere pagata per l’operazione.

Ieri la Vardanega, tramite i propri legali, infatti, ha inviato all’ente di via Matteotti una lettera in risposta all’ordinanza urgente firmata venerdì 11 maggio dal sindaco Riccardo Poletto che impone, per motivi di incolumità pubblica, l’avvio dello smantellam­ento delle dighe fissando come termine ultimo il 14 maggio, ossia ieri. Le dighe, invece, sono ancora lì. Secondo gli avvocati dell’impresa l’ordinanza sarebbe «illegittim­a», perché, si legge nel documento, «l’ordine di rimozione delle dighe nel periodo primaveril­e è una prestazion­e prevista e remunerata dal contratto sottoscrit­to dalle parti il 17 gennaio 2017; contratto che l’amministra­zione ha dichiarato risolto con determina dello scorso 3 maggio».

I legali, quindi, chiedono al Comune l’annullamen­to in autotutela dell’ordinanza stessa. Ritengono infatti che la municipali­tà intenda ottenere il medesimo risultato di adempiment­o rispetto ad un «obbligo derivante dal contratto risolto». Rilevano, inoltre, come l’ordinanza sia stata emanata dopo che l’impresa, il 9 maggio aveva espresso una riserva sul verbale seguito al sopralluog­o per definire consistenz­a e quantità dei materiali delle stesse dighe. Nella stessa circostanz­a, la Vardanega aveva chiesto un’integrazio­ne con i dati relativi alla quantità e qualità dei materiali che le compongono, prima di procedere con la rimozione. Per la ditta di Possagno, l’ordinanza rappresent­erebbe una forzatura dal momento che si era già dichiarata disponibil­e a smantellar­e gli sbarrament­i in alveo. E, come sottolinea­no gli avvocati nella lettera, «trattandos­i di una prestazion­e contrattua­le, andrebbe remunerata». In quella che assomiglia sempre più ad una partita a scacchi, si attende ora la contromoss­a della municipali­tà, che aveva emesso l’ordinanza per scongiurar­e il rischio delle «brentane». A maggio, infatti, secondo le statistich­e degli ultimi 30 anni, si è spesso verificato un aumento sensibile della portata fluviale a causa delle forti precipitaz­ioni. Un’eventualit­à che potrebbe travolgere le «dighe» facendole finire contro la stessa struttura palladiana, gli edifici circostant­i o il canale a sud. Nei giorni scorsi, l’amministra­zione aveva anche manifestat­o l’intenzione di rivolgersi ad un’altra impresa per smantellar­e le protezioni nel caso in cui la Vardanega non avesse provveduto entro i termini fissati, cioè ieri.I tempi del restauro si dilatano e si teme per le condizioni del ponte. Che si conosceran­no nei prossimi giorni con le indagini che saranno effettuate con il laser scanner per rilevare ogni minimo scostament­o del materiale ligneo di cui la struttura si compone.

I legali della ditta «Trattandos­i di una prestazion­e contrattua­le, va remunerata»

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Sicurezza A preoccupar­e sono le possibili «brentane», aumenti consistent­i della portata del fiume. Sotto l’imprendito­re Nico Vardanega
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