Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I colleghi veneti: il professore sarà un Dottor Sottile

- di Renato Piva

Dubito che tutti abbiano la profondità per valutare correttame­nte che significhi uscire dall’Ue o chiudere l’Ilva

«È difficile giudicare le proposte del nascente governo perché finora non si è andati molto oltre gli slogan, che al loro interno si sa, contengono tutto e il contrario di tutto. Ma se anche i contenuti fossero meglio circostanz­iati, davvero i cittadini capirebber­o la reale portata di alcune scelte? L’uomo della strada comprende sul serio ciò che accade quando un Paese esce dall’Euro, le conseguenz­e economiche, politiche, sociali che ne derivano? Ne dubito».

Accadde anche con la Brexit, quando Google registrò in Gran Bretagna un’impennata di ricerche sull’Ue solo dopo la vittoria del «leave».

Alberto Baban, presidente di VeNetWork, ex presidente della Piccola Industria di Confindust­ria, sorride amaro: «Alcuni annunci, come quelli di questi giorni, necessiter­ebbero di valutazion­i adeguate, dotate del giusto grado di profondità. Invece si fa leva sull’emotività, orientando di qua e di là masse che non sanno di che parlano. Pensiamo all’Ilva: è un argomento che si può affrontare con la leggerezza di un Sì o un No?».

Eppure il popolo si è espresso.

«Per carità, la democrazia va sempre rispettata, è una conquista straor- dinaria e dobbiamo tenercela stretta. Sarei più tranquillo, però, se il popolo avesse maggior cognizione di causa, un po’ più di senso della misura e di serenità nelle sue valutazion­i. In questo senso, la classe dirigente del Paese ha enormi responsabi­lità perché è chiaro che chi ha una dimensione internazio­nale, chi frequenta Bruxelles, chi è abituato a confrontar­si con le dinamiche globali può meglio interpreta­re la realtà che ci circonda».

Sa che la accuserann­o di essere un elitista?

«Il rischio è quello della contrappos­izione sociale, si può creare un clima pericoloso e in effetti già lo respiriamo. Ma il punto è che vogliamo tutti le stesse cose: giustizia sociale, un’economia florida, posti di lavoro, uno Stato che funzioni. Non siamo su fronti opposti, siamo dalla stessa parte».

La distanza sembra marcarla lei.

«Guardi, il mio è un appello, non un giudizio: recuperiam­o il senso della misura, la capacità di andare dentro i problemi, comprender­li e proporre poi soluzioni complesse. Non lasciamoci irretire dalle semplifica­zioni. Vale perle tasse, l’ uscita dall’ Euro e dall'Europa, le infrastrut­ture, la politica industrial­e, l’immigrazio­ne».

Non resta allora che aspettare la formazione del Governo Conte, sentire che avrà da dire e poi studiare.

«Nella consapevol­ezza che prima di noi sarà il mercato a decidere. Un giudice terzo, severo, che si muove con una velocità di gran lunga superiore a quella del processo legislativ­o: una legge, annunciata, è subito promossa o bocciata. Con due indicatori chiarissim­i: lo spread e l’export».

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