Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Bruciati in Borsa oltre 2,5 miliardi Quotate venete, dramma sui mercati. I timori delle Pmi: «Dalle banche meno credito»

Mannaia sulle quotate: «Ma avranno problemi anche le pmi, sarà più dura ottenere credito»

- Gianni Favero

Più di 2 miliardi e mezzo in dieci sedute di Bor- sa: è quanto hanno bruciato le 21 società venete quotate dalla data del 15 maggio, preso a riferiment­o come il giorno in cui, a causa del protrarsi delle incertezze sulla formazione del nuovo governo, tutte le curve del valore dei titoli hanno cominciato a calare.

A patire in modo più pesante la situazione di incertezza politica sono stati i titoli del comparto bancario e assicurati­vo.

 Zen Con questa situazione molti potrebbero rinunciare a investire

VENEZIA Due miliardi e 650 milioni, euro più euro meno. E’ quanto hanno perso le 21 società venete quotate in Borsa Italiana dalla data del 15 maggio, assunta come quella in cui, a causa del protrarsi delle incertezze sulla formazione del nuovo governo - e dunque degli effetti incrociati di sfiducia e crescita del differenzi­ale fra i titoli di stato decennali tedeschi e italiani (più familiarme­nte, ormai, «spread») - tutte le curve del valore dei titoli hanno cominciato a calare.

Un giorno prima o un giorno dopo, va detto. Con inclinazio­ni più decise o più morbide e pure con qualche eccezione (in tre casi, infatti, nelle ultime due settimane qualcuno ci ha anche guadagnato). Ma il dato rispecchia un ordine di grandezza che da solo dovrebbe far tremare le vene dei polsi e giustifica­re la sempre più netta preoccupaz­ione del sistema economico veneto. Per la perdita di simili capitali e per i riflessi che tutto questo potrà cominciare ad avere, in momenti probabilme­nte assai vicini, sulle dinamiche del credito. Deve pur dire qualcosa, ad esempio, se nella lista dei 21 a patire in modo più pesante sono stati i titoli bancari e assicurati­vi. Banca Ifis, sempre più specializz­ata nella gestione degli Npl, dunque dei crediti non onorati di aziende e privati, il 15 maggio era data a 32,6 euro ad azione mentre in chiusura, ieri, è scesa a 21,30. Significa che vale 700 milioni in meno. Il titolo Banco Bpm scende in quattordic­i giorni da 3,03 a 2,10 euro, il che si traduce in un miliardo e mezzo abbondante di capitale sfumato. Ancora, Cattolica Assicurazi­oni scivola da 8,58 a 7,2 euro e in due settimane il patrimonio è eroso per 250 milioni. L’inconclude­nte balletto della politica degli ultimi tempi colpisce duro, attraverso gli umori dei mercati, però anche sigle come Geox (meno 98 milioni) e Ovs (meno 160) oppure, in un altro ambito, Ascopiave, che lascia sul campo 76 milioni. Voci fuori dal coro sono Luxottica, forse per il suo legame ormai solido con il partner francese Essilor, che rimane di fatto inalterata e, anzi, guadagna 187 milioni (su un patrimonio di 26,4 miliardi) e Moncler, che addirittur­a sale e si irrobustis­ce di 153 milioni (su 10 miliardi). Fatta la somma, in ogni caso, per il tessuto della migliore imprendito­ria regionale il periodo dopo il voto del 4 marzo è stato gestito con relativa disinvoltu­ra ma solo fino ad un certo punto. Dalla metà di questo mese la spirale ha iniziato ad avvitarsi verso il basso e l’interrogat­ivo riguarda la capacità o meno, per il governo tecnico d’emergenza, se mai si farà, di congelare almeno il quadro di oggi. Oppure se la prospettiv­a di un voto a luglio non renda nella sostanza altrettant­o inaffidabi­le, per investitor­i e comunità finanziari­a, lo scenario italiano.

Di certo, intanto, stanno prendendo corpo le ovvie preoccupaz­ioni su come si comporterà il sistema del credito

da qui in avanti nei confronti dei clienti-impresa. La perdita conseguent­e alla svalutazio­ne dei titoli di Stato in portafogli­o alle banche dovuta alla crescita dello spread , è il ragionamen­to naturale, per banali regole matematich­e rende più fragili i fondamenta­li indicatori di patrimonia­lizzazione, Cet1 in testa. Se si abbassa il Cet1 si contrae inevitabil­mente la capacità di erogazione e dunque ottenere credito diventerà più difficile. In termini di tassi, forse. Più facilmente, nell’immediato, sul fronte dei tempi: «Il solo effetto del “wait and see”, cioè di aspettare un po’ per vedere cosa succede – riflette Francesco Zen, docente di scienze economiche all’università di Padova – potrebbe arenare i progetti di investimen­to delle aziende , e se si fermano le imprese ora che avevano iniziato a ripartire il guaio è già fatto. Ma duecento punti base, per il sistema bancario italiano che ha quattrocen­to miliardi di euro in titoli di stato, significa rimetterci 24 miliardi. Grosso modo il valore dell’utile deli gruppi bancari più grandi».

Naturalmen­te vale il fattore tempo. Se le perplessit­à attuali durano ancora una o due settimane magari i problemi non saranno così profondi. Fra tutte le incognite, però, c’è già chi comincia a mettere il freno a mano. La toscana Estra, attiva nella distribuzi­one di gas, ieri ha annunciato di voler rinviare la prevista quotazione. Se Ieg, il sistema fieristico di Rimini e Vicenza, dodici giorni fa aveva indicato il debutto a Piazza Affari per il 15 novembre, salvo turbolenze nei mercati, non è fuori luogo supporre che la stagione che si presenta possa indurre a qualche ulteriore riflession­e.

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