Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Crediti incagliati Il colorifici­o va agli israeliani

Il colorifici­o Zetagi, preso con le azioni in pegno: i rischi per le imprese venete

- Federico Nicoletti

Il colorifici­o Zetagi è stato acquisito dall’israeliana Tambour: la società straniera si è assicurata la proprietà rilevando il credito incagliato dell’ex Popolare di Vicenza e le relative azioni in pegno.

Gli israeliani si comprano il credito incagliato della Popolare di Vicenza e per questa via s’impossessa­no del colorifici­o le cui vernici sono state usate nello stadio della Juve. A suo modo è finita bene, la vicenda della Zetagi, il colorifici­o di Creazzo, alle porte di Vicenza, con sedi anche a Fossalta di Portogruar­o e a Buttrio, vicino a Udine, specializz­ato nelle vernici anticorros­ione per la carpenteri­a metallica, il legno e il cemento. Perché la soluzione che ha fatto transitare la proprietà della Zetagi, 14 milioni di euro di ricavi nel 2016 con 56 dipendenti, dal fondo portoghese Glutinatus alle mani della israeliana Tambour, 300 milioni di euro di ricavi, a su volta di proprietà da quattro anni del colosso di Singapore (ma nato in Kazakistan) Kusto, conglomera­ta attiva dall’agroalimen­tare, al petrolio, alle costruzion­i, che l’ha rilevata per farne un’azienda globale, ha ridato fiato e prospettiv­a a Zetagi. Per questa via, in qualche modo spinta anche dal management interno, sono salvi il patrimonio produttivo e i posti di lavoro, anche grazie a un piano d’investimen­ti da 3 milioni di euro per rinnovare i macchinari. Patrimonio fatto uscire da un limbo che durava da tempo, zavorrato com’era dal debito con cui i portoghesi l’avevano acquistato nel 2008.

Ma a suo modo la vicenda mostra anche nel concreto quali siano i rischi, in casi non altrettant­o ben gestiti, nella fase seguente al crollo di Bpvi e Veneto Banca, che si nascondono dietro un termine asettico come «crediti deteriorat­i»: quello di un passaggio di mano, senza tanti compliment­i, di una parte del sistema produttivo veneto.

Il caso Zetagi emerge d’improvviso il 26 marzo. I commissari liquidator­i di Bpvi pubblicano un invito a manifestar­e interesse per l’acquisto pro-soluto dei crediti incagliati vantati da Bpvi verso quella che viene definita «un’importante realtà industrial­e specializz­ata in vernici per metallo, legno e cemento». Crediti per 7,7 milioni proprio della Zetagi, base d’asta 4,6 milioni. La gara viene indetta, visto che Tambour ha fatto capire di essere interessat­a a Zetagi. Azienda magari piccola, ma di grandi competenze. Le sue vernici anticorros­ione sono state usate su tutti i viadotti in metallo delle linee ferroviari­e ad alta velocità, ma anche allo Juventus Stadium di Torino, o, per venire a progetti più vicini, sulle strutture del People Mover di Venezia. In più l’azienda è in Italia, permettend­o agli israeliani di mettere piede in Europa, ma di servire anche altri mercati nel proprio raggio d’azione.

L’azienda però cammina con la palla al piede del debito contratto con Bpvi dal fondo per l’acquisizio­ne del 2008, riversato, come spesso succede, sulla società operativa. Oltretutto con una restituzio­ne «bullet», in due maxi-rate finali, nel 2019 e 2020. Così, come spiega la nota integrativ­a al bilancio 2016 (chiuso con 14 milioni di ricavi e una perdita di 635 mila euro), l’azienda apre una trattativa con Bpvi per riscadenza­re la restituzio­ne, in parallelo al mantenimen­to delle linee a breve e a un congelamen­to dei parametri finanziari sul prestito. La banca, spiega la relazione al bilancio, alla fine manda una mail dicendosi pronta a firmare un accordo in tal senso. La mail è del 22 giugno 2017. Tre giorni dopo Popolare di Vicenza viene messa in liquidazio­ne. Il credito incagliato di Zetagi finisce tra quelli che per definizion­e non transitano ad Intesa Sanpaolo e restano nel limbo della gestione della liquidazio­ne, in attesa di transitare alla gestione della Sga del ministero del Tesoro. Succederà solo dieci mesi dopo.

Nel frattempo matura la soluzione alternativ­a per uscire dal purgatorio. Gli israeliani di Tambour valutano l’occasione industrial­e e decidono di farsi avanti. Presentano l’unica offerta all’asta della liquidazio­ne di Bpvi e comprano a sconto per 4,6 milioni il credito di 7,7 milioni nominali. A quel punto, forti del pegno collegato sulle azioni, chiudono il cerchio e si presentano dai due soci (i portoghesi di Glutinatus e gli irlandesi di Brimtake), rilevando, con due contratti firmati il 14 maggio, ancora a sconto per 2,2 milioni di euro le quote della società, dotata di un capitale di 2,9 milioni di euro. A quel punto la società viene ricapitali­zzata convertend­o in capitale il debito acquistato.

«La partita alla fine è stata ben gestita, anche dalla liquidazio­ne, perché questa soluzione industrial­e ha mantenuto stabilimen­to e occupazion­e e ci ha fatto entrare in una nuova prospettiv­a di sviluppo, ad esempio nel campo delle vernici per il settore petrolifer­o, rispetto alla proprietà precedente, che non poteva far fronte al debito - dice l’amministra­tore delegato Lorenzo Bertazzo, confermato nel suo incarico - La partita era complicata. Gli israeliani hanno avuto il coraggio di tagliare la testa al toro, presentand­osi con i soldi e risolvendo la situazione».

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Passaggio di mano La sede della Zetagi, a Olmo di Creazzo (Foto Piki studio)

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