Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Crediti incagliati Il colorificio va agli israeliani
Il colorificio Zetagi, preso con le azioni in pegno: i rischi per le imprese venete
Il colorificio Zetagi è stato acquisito dall’israeliana Tambour: la società straniera si è assicurata la proprietà rilevando il credito incagliato dell’ex Popolare di Vicenza e le relative azioni in pegno.
Gli israeliani si comprano il credito incagliato della Popolare di Vicenza e per questa via s’impossessano del colorificio le cui vernici sono state usate nello stadio della Juve. A suo modo è finita bene, la vicenda della Zetagi, il colorificio di Creazzo, alle porte di Vicenza, con sedi anche a Fossalta di Portogruaro e a Buttrio, vicino a Udine, specializzato nelle vernici anticorrosione per la carpenteria metallica, il legno e il cemento. Perché la soluzione che ha fatto transitare la proprietà della Zetagi, 14 milioni di euro di ricavi nel 2016 con 56 dipendenti, dal fondo portoghese Glutinatus alle mani della israeliana Tambour, 300 milioni di euro di ricavi, a su volta di proprietà da quattro anni del colosso di Singapore (ma nato in Kazakistan) Kusto, conglomerata attiva dall’agroalimentare, al petrolio, alle costruzioni, che l’ha rilevata per farne un’azienda globale, ha ridato fiato e prospettiva a Zetagi. Per questa via, in qualche modo spinta anche dal management interno, sono salvi il patrimonio produttivo e i posti di lavoro, anche grazie a un piano d’investimenti da 3 milioni di euro per rinnovare i macchinari. Patrimonio fatto uscire da un limbo che durava da tempo, zavorrato com’era dal debito con cui i portoghesi l’avevano acquistato nel 2008.
Ma a suo modo la vicenda mostra anche nel concreto quali siano i rischi, in casi non altrettanto ben gestiti, nella fase seguente al crollo di Bpvi e Veneto Banca, che si nascondono dietro un termine asettico come «crediti deteriorati»: quello di un passaggio di mano, senza tanti complimenti, di una parte del sistema produttivo veneto.
Il caso Zetagi emerge d’improvviso il 26 marzo. I commissari liquidatori di Bpvi pubblicano un invito a manifestare interesse per l’acquisto pro-soluto dei crediti incagliati vantati da Bpvi verso quella che viene definita «un’importante realtà industriale specializzata in vernici per metallo, legno e cemento». Crediti per 7,7 milioni proprio della Zetagi, base d’asta 4,6 milioni. La gara viene indetta, visto che Tambour ha fatto capire di essere interessata a Zetagi. Azienda magari piccola, ma di grandi competenze. Le sue vernici anticorrosione sono state usate su tutti i viadotti in metallo delle linee ferroviarie ad alta velocità, ma anche allo Juventus Stadium di Torino, o, per venire a progetti più vicini, sulle strutture del People Mover di Venezia. In più l’azienda è in Italia, permettendo agli israeliani di mettere piede in Europa, ma di servire anche altri mercati nel proprio raggio d’azione.
L’azienda però cammina con la palla al piede del debito contratto con Bpvi dal fondo per l’acquisizione del 2008, riversato, come spesso succede, sulla società operativa. Oltretutto con una restituzione «bullet», in due maxi-rate finali, nel 2019 e 2020. Così, come spiega la nota integrativa al bilancio 2016 (chiuso con 14 milioni di ricavi e una perdita di 635 mila euro), l’azienda apre una trattativa con Bpvi per riscadenzare la restituzione, in parallelo al mantenimento delle linee a breve e a un congelamento dei parametri finanziari sul prestito. La banca, spiega la relazione al bilancio, alla fine manda una mail dicendosi pronta a firmare un accordo in tal senso. La mail è del 22 giugno 2017. Tre giorni dopo Popolare di Vicenza viene messa in liquidazione. Il credito incagliato di Zetagi finisce tra quelli che per definizione non transitano ad Intesa Sanpaolo e restano nel limbo della gestione della liquidazione, in attesa di transitare alla gestione della Sga del ministero del Tesoro. Succederà solo dieci mesi dopo.
Nel frattempo matura la soluzione alternativa per uscire dal purgatorio. Gli israeliani di Tambour valutano l’occasione industriale e decidono di farsi avanti. Presentano l’unica offerta all’asta della liquidazione di Bpvi e comprano a sconto per 4,6 milioni il credito di 7,7 milioni nominali. A quel punto, forti del pegno collegato sulle azioni, chiudono il cerchio e si presentano dai due soci (i portoghesi di Glutinatus e gli irlandesi di Brimtake), rilevando, con due contratti firmati il 14 maggio, ancora a sconto per 2,2 milioni di euro le quote della società, dotata di un capitale di 2,9 milioni di euro. A quel punto la società viene ricapitalizzata convertendo in capitale il debito acquistato.
«La partita alla fine è stata ben gestita, anche dalla liquidazione, perché questa soluzione industriale ha mantenuto stabilimento e occupazione e ci ha fatto entrare in una nuova prospettiva di sviluppo, ad esempio nel campo delle vernici per il settore petrolifero, rispetto alla proprietà precedente, che non poteva far fronte al debito - dice l’amministratore delegato Lorenzo Bertazzo, confermato nel suo incarico - La partita era complicata. Gli israeliani hanno avuto il coraggio di tagliare la testa al toro, presentandosi con i soldi e risolvendo la situazione».