Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Premio Berto, nella cinquina il veneto Targhetta
Cerimonia il 16 giugno. Il trevigiano Targhetta (finalista anche del Campiello) pigliatutto
È arrivato alla penultima fase il Premio Letterario Giuseppe Berto opera prima, XXVI edizione: la cinquina di finalisti, annunciata ieri a Mogliano Veneto – città di nascita dell’autore de «Il male oscuro» - comprende Carlo Carabba con «Un giovane uomo», Marsilio editore; Oreste Lo Pomo «Malanni di stagione», Cairo edizioni; Mirko Sabatino «L’estate muore giovane», Nottetempo editrice; Francesco Targhetta «Le vite potenziali», Mondadori; Matteo Trevisani «Libro dei fulmini», Atlantide editore.
La qualità delle opere finaliste, secondo il parere concorde della giuria formata da Antonio D’Orrico, presidente, Cristina Benussi, italianista dell’Università di Trieste, Giuseppe Lupo, scrittore e docente alla cattolica di Milano, Laura Pariani, scrittrice, e Stefano Salis, giornalista del Sole24ore, è di alto livello, difficile dunque la scelta finale che si deciderà quest’anno, in alternanza con Mogliano, a Ricadi, in Calabria, là dove Berto trascorse i suoi ultimi anni e dove è sepolto.
In dissonanza con il parere di altre giurie di altri premi – così dichiara D’Orrico - lo stile narrativo e la lingua delle cinque opere finaliste si collocano in una sfera di eccellenza, derivando per tre dei cinque autori l’esordio narrativo da una navigata esperienza nella poesia. Così è per Carlo Carabba, romano, che si occupa di editoria ma che ha pubblicato opere poetiche di spessore, vincendo ben tre premi tra il 2008 e il 2011; così per Oreste Lo Pomo, giornalista Rai che vive e lavora a Potenza e che arriva alla narrativa dalla scrittura poetica e per Francesco Targhetta, trevigiano e finalista al Campiello con la stessa opera ambientata a Marghera, autore di poesia e di un romanzo in versi.
Una lingua densa per una generazione che cerca una identità autonoma, conti aperti con un passato non ancora interamente metabolizzato, là dove la lingua poetica sostiene un respiro narrativo non dilatato, coerente con la velocità e l’attenzione del nostro tempo. E si pensa al modello americano di Kent Haruf, alla sintassi breve e incisiva, la parola semplice e necessaria – così in poesia- per storie di provincia ( anche la Roma di Carabba e Trevisani è provinciale) in un quotidiano crudele e normale, tanto più crudele quanto più normale.
La cerimonia finale del 16 giugno con la consegna del premio di 5000 euro suggellerà questa edizione – la terza dopo la «rinascita» del Bertoche ha visto la partecipazione di una sessantina di opere, con una percentuale molto bassa di autrici, a differenza della passata edizione che contava su una forte presenza femminile.
Da sottolineare in quest’anno la concorrenza di molte case editrici minori, segno di vitalità in un ambito, come quello dell’editoria, forte di mega gruppi che, solitamente, fanno la parte del leone nei premi letterari.
Encomiabile dunque la vivace testimonianza del rinato Premio Berto che, ponte tra due regioni tanto lontane come Veneto e Calabria, sostiene e esalta la figura di Giuseppe Berto, una delle voci più significative, unica nel panorama della narrativa europea del secondo Novecento.