Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Oltre 19mila i migranti «bocciati» e scomparsi Sarebbero finiti nel Cie
Ma chi ha lo status di rifugiato fatica a trovare casa e lavoro
Dall’inizio dell’emergenza profughi, scoppiata nel 2014, in Veneto sono transitati 39.034 richiedenti asilo e circa il 55% di loro non ha ottenuto il riconoscimento della status. In base a questo dato, sarebbero 19.321 i migranti condannati a finire nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) che vorrebbe il Viminale.
Sarebbero 19.321 i migranti VENEZIA condannati a finire nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) che secondo i progetti del nuovo ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dovrebbe sorgere anche in Veneto. Dall’inizio dell’emergenza profughi, scoppiata nel 2014, nella nostra regione sono infatti transitati 39.034 richiedenti asilo e circa il 55% di loro, 21.468, non ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato. Il 90% di questi ultimi, appunto 19.321, ha pure perso il ricorso prima alla sezione speciale del Tribunale di Venezia, poi in appello (dallo scorso agosto non più permesso) e infine in Cassazione. Per entrare nel dettaglio la commissione di Padova, competente anche per Venezia, dal 2015 ha esaminato 8800 domande: il 4% dei richiedenti ha ottenuto lo status di rifugiato; il 7% la protezione sussidiaria concessa a chi proviene da zone di guerra; il 23% la protezione umanitaria (per esempio per motivi di salute) e il 55% è stato respinto. A Verona, competente anche per Trento e Bolzano, la commissione ha passato al vaglio 8mila richieste, concedendo lo status al 7% dei richiedenti, la sussidiaria all’8,9%, la protezione umanitaria al 20,9% e rigettando il 52,4% delle domande. A Vicenza, competente anche per Belluno, dal 2016 su 3500 pratiche si contano un 6% di status di rifugiati, un 1% di sussidiaria, un 24% di protezione umanitaria e un 59% di respinti. A Treviso, competente anche per Belluno, tra gennaio e febbraio scorsi la commissione ha valutato 214 pratiche, accogliendo il 13% delle richieste e respingendone il 36%. La sussidiaria riguarda il 10% dei richiedenti, la protezione umanitaria il 19%.
Ma che fine fanno i «promossi» e i «bocciati»? «Ecco, è proprio il problema che stiamo affrontando da un paio di mesi — spiega Loris Cervato, responsabile del Sociale per Legacoop Veneto —. Chi ha ottenuto il permesso di soggiorno deve lasciare le strutture di accoglienza, ma poiché finora essendone privo non ha potuto lavorare e rendersi autonomo, non sa dove andare. Abbiamo allora avviato gruppi di studio per capire quali competenze in merito a inserimento professionale e integrazione sociale spettino ai Comuni e quali alla Regione, interpellato enti di formazione per avviare corsi anche di italiano, benchè siano previsti nei capitolati dei bandi di concorso per il reperimento di centri di accoglienza. E’ una strada in salita, ma queste persone non sono invisibili, vanno aiutate».
Il nodo è che il Veneto conta solo 579 posti nei progetti Sprar, il sistema finanziato dal Viminale che prevede l’inserimento in appartamenti e sul lavoro per i migranti riconosciuti davvero profughi. Gli altri o si arrangiano o appunto devono avere la fortuna di trovare una cooperativa che continui a ospitarli finchè non riescano a ottenere un impiego e un tetto. I settori nei quali trova sistemazione la maggioranza dei migranti con permesso di soggiorno sono i servizi, le pulizie, la manutenzione del verde pubblico e privato, l’agricoltura sociale. Ma tante donne finiscono a fare le badanti e le domestiche in nero, così come molti uomini vengono sfruttati nei campi o in fabbrica, senza essere messi in regola.
E i «bocciati»? «Mentre sono in attesa dell’esito del ricorso rimangono nel sistema di accoglienza — illustra Roberto Tuninetti, per anni coordinatore dello Sprar di Padova — poi, quando il rigetto della domanda è definitivo, diventano clandestini. E allora si spostano in Germania, Svezia, Norvegia, fino a poco tempo fa anche in Francia, e ricominciano la trafila daccapo. Una discreta percentuale si arrangia, mentre altri vengono aiutati dalle cooperative che li hanno ricevuti».