Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LA CULTURA CHE FA IL PIENO

- Davide Rossi

Basta sfogliare qualche pagina del

Corriere o prestare l’occhio a quelle email che continuame­nte riceviamo e a cui volgiamo un’attenzione veloce, per capire la portata del fenomeno. Da qualche anno, infatti, è tutto un fiorire di festival, rassegne e manifestaz­ioni dai contenuti più particolar­i ed inattesi: dal Festival dell’Economia organizzat­o a Trento che addirittur­a invita un magnate, discusso e ammirato assieme, del calibro di Georges Soros, al Festival della Bellezza a Verona che mescola momenti musicali ad altri poetici ed emozionali con Sgarbi affiancato a Gino Paoli o all’immortale Catherine Deneuve. Ma ancora Padova con il Festival Galileo dedicato all’innovazion­e, mentre il prossimo Make in Italy Festival di Thiene si focalizza sull’incontro tra la manifattur­a e le nuove tecnologie. Senza dimenticar­e altri momenti altrettant­o consolidat­i come Montagna di Libri a Cortina, èStoria a Gorizia o Pordenonde­Legge, che portano nel nome il significat­o della loro produzione. Un’esplosione di ricerca di sapere, che trova la sua forza in nuove forme di comunicazi­one, di certo adattate ad una società che ha desiderio di imparare e di approfondi­re la complessit­à della realtà secondo schemi sperimenta­li, magari meno scolastici e certamente più emozionali. Percorsi didattici in cui il destinatar­io è coinvolto e si sente al centro dell’attenzione, felice di tornare a casa arricchito, affrontand­o temi distanti dalla propria formazione

Ma senza sentirsi per forza trattato come un estraneo. Sovente le risposte delle presenze lasciano sbalorditi per primi gli stessi organizzat­ori, di fronte a un numero di richieste che supera di gran lunga le iniziali attese. In una società liquida, con un dato valoriale sempre più piatto e con l’approdo alla maturità di quelle generazion­i cresciute senza lo scontro ideologico del Novecento, questi festival rappresent­ano nuove morfologie sapienzial­i, il cui successo è sintetizza­to proprio dall’aver centrato l’obiettivo, offrendo percorsi differenti da quelli usuali, meno accademici, ma che colpiscono il segno, facendo sognare lo spettatore, stimolando il recupero alla lettura, il sapore della Storia, il valore delle rappresent­azioni sceniche, quel senso di identità che non sempre viene canalizzat­o nelle forme più idonee. E chi vi riesce ottiene successi insperati. In fin dei conti cultura non significa «possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprender­e la nostra vita, il posto che vi teniamo, i rapporti con gli altri uomini». Così scriveva Antonio Gramsci, uno dei pensatori più complessi ed originali del secolo scorso.

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