Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Pedemontana come il Passante ci farà crescere»
E Zaia : «Se la fermano, veneti parte lesa»
La Tav va finita, dovremmo imparare dai tedeschi sulla ferrovia per il trasporto merci Sulle bonifiche di Porto Marghera si deve far presto, area dal potenziale enorme
La luna di miele M5SLega è durata un soffio. Il tempo di chiedere la fiducia al Parlamento che già il tema più spinoso, le infrastrutture, provoca i primi attriti. Mitigati, certo, dal tatto di chi non vuole finire a dormire sul divano già le prime sere ma tant’è. Ieri il governatore Luca Zaia premetteva, con tatto, appunto: «Considero giuste e logiche le attenzioni del ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli», ministro di cui i colonnelli veneti annunciano un’ispezione grande opera per grande opera, Pedemontana in primis. Ciò detto, però, Zaia scandisce: «La Pedemontana è lì ed entro settembre del 2020 sarà completata. Siamo stati trasparenti, i primi a mettere in discussione l’opera coinvolgendo l’avvocatura dello Stato, l’Anac, la Corte dei conti. Oggi è l’infrastruttura cantierata più grande d’Italia e fermarla comporterebbe penali e danno ambientale per 4 o addirittura 6 miliardi di euro». Come a dire che margini non ce ne sono. «Poi, - conclude Zaia - se proprio si vuole bloccare l’opera basta firmare un pezzo di carta, ma in questo caso la parte lesa sarebbero i veneti e io sono qui per tutelare il loro interesse». Un allineamento in difesa del sistema infrastrutturale veneto cui fa eco la voce di Alberto Baban presidente di Venetwork e già numero uno della Piccola Impresa confindustriale.
«Davvero la Pedemontana “non serve”? - si chiede Baban e se c’è dell’ironia è ben celata - per carità, con i tempi di realizzazione delle grandi opere in Italia, è pure difficile azzeccarla...Però penso al Passante di Mestre, inaugurato nei mesi del minimo storico di traffico causa crisi. Pareva una pista da test drive, ora basta percorrerlo per capire quanto sia stata un’intuizione indovinata».
Quanto valgono le infrastrutture, soprattutto in Veneto, nuovamente locomotiva economica? «Le infrastrutture sono
l’ossatura dell’economia». Alle obiezioni di stampo ambientalista come replica?
«Con il pragmatismo dell’imprenditore. Le tecnologie consentono di ovviare ai problemi di impatto ambientale. Senza infrastrutture non c’è sviluppo. E per la Pedemontana, quello a nord dell’A4 è un territorio in forte sviluppo, ora la grande dinamicità del Nordest vive una fase di rivincita e non c’è niente da fare: le
persone e le merci viaggiano. Servire poli come Bassano e Montebelluna sarà prezioso».
Merci che potranno viaggiare anche su ferro, ammesso che la Tav sopravviva alle ispezioni...
«Lì c’è da imparare dai tedeschi e dalla loro rete ferroviaria drammaticamente distante dalla nostra che pure viviamo di export. Bloccare la Tav sarebbe grave, si seguirebbe un approccio populista.
Io penso sia meglio un approccio “popolare” cioè creare infrastrutture al servizio del sistema che crea lavoro, cioè l’impresa. Ecco, questo sarebbe molto popolare credo».
Sotto la lente di Toninelli finiranno anche le bonifiche di Porto Marghera...
«Ben venga se accelereranno il tutto. Parliamo di un’area eccezionale su cui logistica e manifattura si incontrano. E non lo dico io, lo chiede la Cina che ha eletto Venezia ad approdo ideale della nuova Via della Seta».
E il Mose ormai praticamente finito, lei lo smonterebbe?
«Lo possiamo vedere come la più grande opera di ingegneria idraulica degli ultimi decenni o come l’esempio eclatante dello spreco e della corruzione. Dipende se vuoi vedere solo l’uno o l’altro aspetto. Per fermarlo, però, mi aspetto motivazioni tecniche fortissime». Le viene in mente un’infrastruttura inutile a Nordest?
«Francamente no, penso che ce ne siano davvero troppo poche per una regione che contribuisce al 12% del Pil...».