Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il caporepart­o pretendeva regali per dare le ferie Condannato

- (a. zo.) © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Per almeno sei anni, secondo la ricostruzi­one dell’accusa, il caporepart­o Roberto Bertan, 49enne di Scorzè, aveva preteso regali da alcuni dei suoi sottoposti e per questo il magistrato l’ha condannato a 3 anni e 8 mesi per estorsione. Il caso all’azienda Ilnor di Scorzè.

I tre mesi dal deposito VENEZIA della sentenza, avvenuto il 21 febbraio, sono passati e per l’ex europarlam­entare Lia Sartori e per l’architetto Danilo Turato l’«incubo» è definitiva­mente terminato. Erano stati assolti e la procura non ha impugnato. Ma l’esito del primo processo in aula dell’inchiesta Mose sarà invece messo in discussion­e per gli altri sei imputati, compresi i due che ne erano usciti con un mix di assoluzion­e e prescrizio­ne, cioè l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e l’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva. I legali di Orsoni, gli avvocati Francesco Arata e Carlo Tremolada, già alcune settimane fa avevano depositato un ricorso «per saltum» in Cassazione non tanto sul merito dell’accusa di aver ricevuto 250 mila euro in nero dal Consorzio Venezia Nuova per la campagna elettorale del 2010, quanto contro la decisione del tribunale di Venezia di non aderire a una sentenza recente, proprio della Suprema Corte, secondo la quale la legge non prevede il finanziame­nto illecito del candidato sindaco, ma solo dei partiti o dei consiglier­i comunali.

Piva invece, con l’avvocato Emanuele Fragasso, punta all’assoluzion­e piena, dopo che invece il tribunale aveva detto che il reato di corruzione –per aver ricevuto 200 mila euro l’anno dal Cvn dal 2005 al 2008 come «stipendio aggiuntivo» – era stato provato dal dibattimen­to, ma era coperto dalla prescrizio­ne. Secondo l’avvocato Fragasso, però, non c’è alcuna prova di questo, se non le dichiarazi­oni dell’ex presidente Giovanni Mazzacurat­i, che le ha dette di fronte ai pm ma non ha potuto mai ripeterle in aula nel contraddit­torio con le difese, essendo stato dichiarato incapace di partecipar­e al processo. Sia per Orsoni che per Piva, in realtà, è un ricorso «con il paracadute», visto che non c’è stato appello della procura e dunque la sentenza può solo essere «migliorata» per loro.

Ovviamente hanno impugnato la sentenza i condannati: gli imprendito­ri Erasmo Cinque e Nicola Falconi (4 anni e 2 anni e tre mesi per corruzione) e l’avvocato Corrado Crialese (un anno e 10 mesi per millantato credito). Ha fatto appello anche la difesa dell’ex ministro Altero Matteoli, condannato a 4 anni e poi deceduto in un incidente prima di Natale. Gli avvocati Francesco Compagna e Gabriele Civello non si sono però solo limitati a chiedere la «morte del reo», ma hanno scritto 150 pagine per contestare l’accusa di corruzione. Anche da morto.

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