Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I cinque finalisti: le vite potenziali di Targhetta
I FINALISTI DEL CAMPIELLO Le storie borghesi di giovani veneti alla ricerca del successo e il loro mondo frenetico e disilluso, nel romanzo del trevigiano Targhetta
Nella cinquina del Premio Campiello di Confindustria Veneto, gli altri finalisti sono: Helena Janeczek «La ragazza con la Leica» (Guanda), Ermanno Cavazzoni «La galassia dei dementi» (La nave di Teseo), Davide Orecchio «Mio padre la rivoluzione» (Minimum Fax), Rosella Postorino «Le assaggiatrici» (Feltrinelli)
Suscitò scalpore qualche anno fa l’esordio con un poemetto narrativo del trevigiano Francesco Targhetta, Perché non veniamo
bene nelle fotografie (2012), che cercava di tenere insieme le tracce della propria esperienza con le molteplici malinconie che la attraversavano, evitando quindi qualsiasi tono epico, piuttosto lasciando spazio al versante lirico; ora di nuovo sorprende il suo primo romanzo in prosa, Le
vite potenziali (Mondadori, pp. 246, € 19,00), uno dei cinque romanzi finalisti del Premio Campiello 2018. Il libro è aderente al vissuto quotidiano di un gruppetto di giovani alle prese con il lavoro e le nuove tecnologie che debbono utilizzare e attento ai segreti struggimenti di chi constata giorno dopo giorno l’allontanarsi dei valori che orientano i comportamenti nel privato da quelli che invece guidano le scelte professionali.
I protagonisti del romanzo lavorano tutti ad Albecom, che ha sede a Marghera nel complesso del Vega, e si agitano inquieti tra una frenetica voglia di successo, che a sua volta accende autentici scontri di concorrenza, e l’aspirazione a una vita privata ricca di progetti, di relazioni , di viaggi e progetti di vacanze. Sono tutti borghesi, anzi piccolo borghesi, con studi brillanti ma non eccezionali, che fanno molta fatica a mettere ordine in una nuova vita scombinata, che li ha liberati dalle urgenze del bisogno ma non dall’insicurezza, abbandonandoli in un mondo liquido, dove ogni giorno ti aspetti che tutto quello che hai conquistato possa sciogliersi e ridursi senza forma: «Il mondo, per molti versi, va sempre migliorandosi, e la gente si lagna sempre di più: si lagna perché in realtà vuole l’attenzione degli altri, l’empatia, l’affetto, l’amore. La gente si dovrebbe lamentare solo di questo: che nessuno le vuole bene davvero».
La caccia ai nuovi clienti è senza sosta, così come la nascita di concorrenti che te li portano via insieme ai migliori collaboratori, in questo contesto le regole sono letteralmente capovolte, non c’è lealtà, nè fedeltà che tenga, nè amicizia o solidarietà, la regola è tutti contro tutti, tradimenti compresi, anche perché la pacchia non si sa quanto duri e tanto vale arraffare quel che c’è.
Persino con le ragazze le cose vanno allo stesso modo: rapporti laschi che escludono la convivenza e allontanano il matrimonio, anche promiscui perchè altrimenti avvizziscono, ma sempre poco soddisfacenti proprio per la loro precarietà, finchè una di loro, Matilde, la più fragile, resta incinta e ognuno dovrebbe pertanto assumersi le proprie responsabilità, mentre invece non vede l’ora di infrattarsi lavandosene le mani.
Eppure l’arrivo di un nuovo bimbo scatena imprevedibili emozioni e la decisione della madre di tenerlo comunque segna un cambio di rotta che coinvolgerà un po’ tutta la comunità, senza palingenesi o riscatto, ma obbligando ciascuno a rifare un po’ di conti, profittando della nuova situazione.
Le vicende sono inserite nella complessa geografia del triangolo Venezia-Treviso-Padova, del quale evocano con pochi ma efficaci richiami la storia ormai secolare di un’industrializzazione non priva di drammaticità, come testimoniano i nomi dei morti sul lavoro del Petrolchimico che ricoprono le pareti interne della Chiesetta dell’Agip o il lembo acquitrinoso di Adriatico, dove era sorta Marghera, «cresciuta quasi subito corrotta e bubbonica», e descrivono l’urbanizzazione al tempo stesso diffusa e disgregata che fatica a identificare un centro attorno al quale raccogliersi.
Il Veneto più che dai centri urbani, che qui appena vengono citati, è definito dalle superstrade o tangenziali che lo percorrono, da villette che perdono progressivamente la loro funzione familiare per diventare rifugi di chi vive solitario il tempo non consumato dal lavoro.
Ne esce il ritratto di un piccolo mondo al tempo stesso frenetico e disilluso, arrivista e malinconico, benestante ma senza progetti, sul quale converrà ancora riflettere per non arrendersi al suo tran tran.