Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Fraccaro: «Bcc, la riforma Renzi è da cancellare»
Il ministro: «No all’autonomia abolita dai gruppi»
La riforma del credito cooperativo varata dal governo Renzi, secondo il ministro per i Rapporti con il parlamento, Cinque Stelle, Riccardo Fraccaro (Movimento Cinque Stelle), è da «abolire o quantomeno da riscrivere a fondo». Diventa sempre più in salita, dunque, la strada che dovrebbe portare alla nascita dei gruppi nazionali di Cassa Centrale Banca e Iccrea, a cui fanno capo rispettivamente 13 e 9 istituti in Veneto, oltre a quello unicamente provinciale di Bolzano, delle Casse Raiffeisen. A quanto pare la rigidità della riforma potrebbe essere oggetto di un’apertura di un nuovo negoziato con la Commissione europea, per cercare una maggiore flessibilità, per poi virare su una modifica normativa e recepire le novità.
In questo contesto il tema dell’allungamento dei tempi, vale a dire la moratoria di 18 mesi chiesta dalla Lega, potrebbe rientrare o meno nel ragionamento, a seconda delle necessità. Bankitalia starebbe già negoziando. Intanto proprio sul tema della riforma da revisionare, annunciata dal presidente del consiglio Giuseppe Conte in parlamento è intervenuto ieri il ministro Fraccaro, con un intervento in cui punta il dito sul fatto che il Pd ha minato «l’autonomia gestionale delle piccole Bcc». Questo aspetto è parte integrante del sistema risk-based, che l’altro ieri il presidente della Federazione trentina della cooperazione, Mauro Fezzi, a cui fanno capo anche le Bcc, si è augurato possa rientrare nel patto di coesione.
È il cosiddetto «semaforo» presentato da Cassa Centrale Banca, che da Trento guiderà uno dei due gruppi bancari, alle banche che poi avrebbero scelto di aderire al proprio gruppo, con l’idea di concedere più autonomia a quelle con indici migliori. Una prospettiva che però Banca d’Italia ha più volte messo in discussione. Il senso: la capogruppo comanda e deve trattare tutte le banche allo stesso modo, a prescindere dallo stato di salute. Fezzi ne aveva parlato in campagna elettorale sia con Di Maio che con Salvini; ora gli effetti si vedono.
Per parte sua, nell’intervento inviato al Corriere del Veneto e al Corriere del Trentino, Fraccaro ricapitola i punti critici della riforma a cui il nuovo governo vuole metter mano. Fraccaro non guarda con favore ad una riforma che ha costretto le Bcc «a sottomettersi a una capogruppo - società per azioni - che esercita invasivi poteri di controllo su tutte le Bcc aderenti». Il ministro contesta in radice il centro della riforma. Perché per assicurare la maggiore solidità patrimoniale «sarebbe bastato un meccanismo di protezione patrimoniale reciproca tra banche, o un fondo istituzionale, da usare in caso di crisi. Una soluzione adottata in Germania, che ha tenuto così fuori dalla vigilanza Bce gran parte del proprio sistema di banche cooperative. Perché non adottiamo un simile schema qui in Italia?».
La costituzione dei gruppi invece «abolisce di fatto l’autonomia delle Bcc del territorio senza comunque conferire al settore una dimensione competitiva». E, secondo il ministro, «rischia di agevolare gli speculatori finanziari internazionali, che potranno entrare nel capitale della holding delle Bcc e conquistare parte del ricco mercato italiano del risparmio», esponendo «il credito cooperativo al concreto rischio di scalate straniere». Rischio che per Fraccaro passerebbe anche dalla vigilanza Bce sui due gruppi bancari, «con l’obbligo di rispettarne i parametri sui crediti deteriorati e sugli stress test. Da qui la necessità di reperire nuovi capitali, con il rischio di essere conquistate da capitali esteri».