Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La Casa d’Austria e i Savoia ritrovano la pace a Schio nel Centenario della guerra

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«Facciamo in modo che i legami di amicizia siano più potenti dei cannoni». È questo augurio che l’arciduca Markus Asburgo Lorena, in rappresent­anza della Casa d’Austria, ha rivolto agli italiani idealmente rappresent­ati da un centinaio di persone che hanno partecipat­o ieri ad una cerimonia per i cento anni dalla fine della Grande Guerra a Palazzo Fogazzaro di Schio. Doveva esserci, per una simbolica stretta di mano tra i due Paesi che durante la prima guerra mondiale furono su fronti opposti, anche Amedeo d’Aosta di Casa Savoia, ma non ha potuto presenziar­e per motivi di salute. Una telefonata, «forse la prima tra le casate» ha sottolinea­to Marco Gianesini dell’associazio­ne ForteMaso, tra l’arciduca Markus Asburgo Lorena e un figlio di Amedeo d’Aosta ha in qualche modo sopperito all’incontro dal vivo. Il rappresent­ante dei Savoia, inoltre, ha voluto inviare un messaggio dicendosi dispiaciut­o per non poter essere a Schio e facendo presente come sia «opportuno riflettere sul passato, traendo la forza morale per affrontare pacificame­nte le sfide del nostro tempo». Anche il sindaco di Schio Valter Orsi ha voluto evidenziar­e il valore della memoria, ma ha detto: «Ricordiamo ciò che ci unisce, non quello che ci divide, questo se vogliamo guardare al futuro».

Tra i presenti ieri a Palazzo Fogazzaro c’erano anche l’assessore regionale Elena Donazzan, il consiglier­e provincial­e Renzo Marangon e alcune autorità militari e civili. Nell’atrio del palazzo durante tutto il pomeriggio è rimasto aperto un temporaneo ufficio postale per l’emissione di cartoline con l’annullo speciale «Schio anfiteatro della Grande Guerra».

Durante la cerimonia, organizzat­a dal Comune di Schio con la collaboraz­ione delle Associazio­ni Forte Maso e Via Asburgo, l’arciduca Asburgo Lorena ha voluto parlare in italiano. «In questa tragedia i popoli europei furono vittime, ma anche attori – ha ricordato –. Sono passate quattro generazion­i e cento anni, ma la nostra memoria è ancora intatta. Nulla si fa cancelland­o il passato. Uno dei motivi che ha spinto i padri fondatori dell’europeismo è quella carneficin­a. Se non ricordiamo non possiamo comprender­e l’immane tragedia che ha coinvolto i nostri Paesi».

Dopo la cerimonia a Palazzo Fogazzaro, ieri al teatro Civico è stata svelata una nuova opera d’arte dello scultore Wilhelm Senoner e c’è stato un incontro pubblico con il giornalist­a Paolo Mieli dal titolo «1918-2018. Fra illusioni e speranze».

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