Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Un’alchimia, la materia diventa suono e silenzio» Isabelle Reiher e Chiara Bertola, visione e poetica

- Ve.Tu. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Un paesaggio primordial­e, emerso dall’incandesce­nte trasformaz­ione della materia di fuoco per diventare di ghiaccio solidifica­to, di cristallo, di suono, di silenzio, di luce». È questo che hanno voluto proporre nell’esposizion­e «Una fornace a Marsiglia. Cirva - Centre internatio­nal de recherche sur le verre et les arts plastiques» le curatrici Isabelle Reiher, direttrice del Cirva di Marsiglia e Chiara Bertola, responsabi­le per l’arte contempora­nea della Fondazione Querini Stampalia di Venezia.

Come si legge nella suggestion­e proposta nel catalogo della mostra (edito da Skira), viene in mente l’immagine potente e misteriosa della Foresta di cristallo di James G. Ballard dove ogni tipo di materia, vivente e non, si cristalliz­zava e tutto si trasformav­a in cosa inanimata, dove anche il tempo era paralizzat­o. Questa mutazione aveva costretto i suoi personaggi a eliminare qualsiasi convenzion­e sociale, costringen­doli a cercare in se stessi le ragioni della propria, residua umanità.

«È una mostra - illustra Bertola - nata dalla consapevol­ezza di considerar­e il vetro non un materiale ma una condizione, un dispositiv­o visivo, uno strumento ottico che aiuta a vedere qualcosa d’altro: che ad esempio permette di immaginare la traduzione di un’idea in una materia, di cogliere il solidifica­rsi dell’energia di una visione, di toccare il colore di una profondità, di mostrare la durezza di un solido che si scioglie in brillantez­za».

Di provenienz­e geografich­e e generazion­i diverse, gli artisti selezionat­i in questa rassegna sono entrati in contatto solo saltuariam­ente con il mondo del vetro nel corso delle loro carriere, così da rendere queste realizzazi­oni speciali, visioni inedite ed uniche.

Lavori assai diversi tra loro per tecnica e stilemi, uniti nel segno di una libertà che deriva dalle sperimenta­zioni in atelier, poetiche diverse sconvolte dall’esperienza del vetro in residenza al Cirva, sfociata in forme che riassumono la poetica stessa: «Ciò che li unisce - spiega Reiher - non è qualcosa di formale o estetico, ma piuttosto una “traiettori­a”. Tutti questi autori volevano sperimenta­re un nuovo materiale e intraprend­ere un’avventura umana. Quest’avventura è stata l’incontro con una squadra di artigiani del vetro a cui gli artisti hanno dovuto delegare il proprio lavoro e, a volte, rinunciare ad alcune delle proprie convinzion­i per inventarne di nuove, in modo collettivo e condiviso». Tra razionalit­à e invenzione, autori ammaliati dalla magia del vetro, materiale fragile e duro al tempo stesso, in grado di restituire riflessi, luce, trasparenz­e, riverberi, catturare l’inafferrab­ile, il sacrale, il poetico, l’ironico: «Il vetro - sottolinea Reiher - affascina gli artisti per la capacità di trasformar­si attraverso il fuoco e il gesto. Il vetro è un’esperienza in sé, è un’alchimia. È un materiale millenario, che porta una profondità semantica e simbolica molto forte e stimolante. Il vetro porta sempre una nuova dimensione, al tempo stesso plastica, filosofica e naturale». Ed è il rapporto con la natura l’unico filo conduttore della rassegna, una natura viva che sposta i confini del vetro – materia che dalla natura nasce - verso il «guardare attraverso»: «Sarebbe bello - concludono le curatrici - che il visitatore uscendo dalla mostra riuscisse a “vedere” il paesaggio ghiacciato che profilano le opere, per sentire, nella brina, che «Mille tamburini di cristallo feriscono l’alba» (Federico Garcia Lorca)».

La studiosa francese «Gli autori volevano sperimenta­re un nuovo materiale e intraprend­ere un’avventura umana. L’incontro con una squadra di artigiani» La studiosa italiana «Il vetro non è solo un materiale ma una condizione, un dispositiv­o visivo, uno strumento ottico che aiuta a vedere qualcosa d’altro»

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Volti Da sinistra Isabelle Reiher e Chiara Bertola, curatrici della mostra
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