Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il Cirva, in Provenza un centro d’arte «atipico e discreto»
Inizialmente era una semplice scuola per apprendere l’arte vetraria. L’idea è venuta nel 1983 ad alcuni maestri impegnati alla Scuola d’arte di Aix-enProvence. Tre anni dopo hanno cominciato ad ospitare artisti in residenza, cui loro offrivano assistenza tecnica. Un rapporto felice, questo tra artisti e artigiani e sempre più richiesto. È nato così il Cirva, il Centro internazionale di ricerca sul vetro e le arti plastiche. In questi trent’anni si è guadagnato un grande prestigio mantenendo la sua fama di «centro d’arte atipico e discreto», come lo definisce Isabelle Reiher, curatrice assieme a Chiara Bertola di «Una fornace a Marsiglia». Cosa lo distingue da centri simili che pure esistono in giro per l’Europa? «Riesce a coniugare ricerca e arti visive - continua Reiher - Gli artisti vengono invitati a risiedervi per periodi anche piuttosto lunghi, durante i quali riflettono e lavorano con un materiale che in genere non frequentano. Si avventurano insomma su un terreno ignoto». Così è successo con Jimmie Durham o Gaetano Pesce o Philippe Parreno. Il segreto del Cirva insomma si potrebbe sintetizzare così: «la sua collocazione geografica, la sua missione di collegamento fra l’artista e l’artigiano, la sua collezione, il ritmo e la dinamica del suo funzionamento». Oggi il Cirva conta 700 opere, una delle rare collezioni di arte contemporanea dedicate a un unico materiale. Il Centro ha anche scelto di non avere un proprio centro espositivo: le opere vengono inviate in musei e gallerie in occasione di mostre temporanee, in modo che siano costrette a giocare con altri oggetti e altri alfabeti. Un luogo del vetro che non vuole chiudersi in un mondo di vetro.