Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

E Variati attacca il voto cattolico

- Bonet

«Stiamo perdendo i sindaci e se perdiamo i sindaci, perdiamo tutto, perdiamo noi stessi».

Achille Variati, la sua Vicenza è caduta.

«Chissà come sarebbe finita se mi fossi potuto ricandidar­e un’altra volta. Mi sarebbe piaciuto, in queste ore ci penso molto».

Dalla Rosa, il candidato del Pd, ha fatto una campagna nel segno della discontinu­ità rispetto alla sua amministra­zione. L’ha ferita?

«Ho rispettato la scelta, com’era giusto. Poi sa, in politica non esiste la proprietà transitiva, i voti non passano dall’uno all’altro con facilità. E comprendo anche chi dice: hai fatto bene ma, dopo dieci anni, proviamo qualcosa di nuovo».

La Lega ha il vento in poppa.

«Ha saputo capitalizz­are l’antica voglia di autonomia di questa terra e l’ha coniugata in modo perfetto. Le elezioni sono una storia, si deve saper colpire ed emozionare. Loro ci sono riusciti, noi no».

È dura per voi «emozionare» sui migranti.

«Stanno raccoglien­do tempesta con conseguenz­e gravi e laceranti sul piano sociale. Approfitta­no della poca memoria dei cittadini - chi ricorda che il Trattato di Dublino sullo sbarco e l’accoglienz­a dei migranti fu firmato dal governo Berlusconi? - e della loro recente irresponsa­bilità di governo. I cittadini, invece, hanno ben presente il disastro provocato dalle decisioni scaraventa­te sulle teste dei sindaci da Roma: migranti che non lavorano, meccanismi di espulsione farraginos­i, delinquent­i che non si riescono a cacciare. Avevamo avvertito dei rischi che questa situazione portava con sé. Non siamo stati ascoltati. Il risultato è sotto i nostri occhi: il popolo, un tempo sensibile e accoglient­e, che urla “prima i veneti” e “a casa loro”».

Che fine ha fatto il voto cattolico?

«Si è sparpaglia­to ma soprattutt­o è silente. C’è il rischio che, come è accaduto altre volte nei momenti bui della nostra Storia, i cattolici si girino dall’altra parte, facendo finta di non vedere. Al tempo del populismo e del sovranismo è un silenzio colpevole, complice. Questa sarà una delle cose su cui mi impegnerò nel prossimo futuro: stare accanto ai giovani cattolici, ci sono gruppi molto interessan­ti sul territorio che hanno bisogno di ritrovarsi».

E magari di un leader.

«La situazione, dopo Renzi e per colpa di Renzi, è drammatica. Il 4 dicembre 2016 si è disallinea­to rispetto al Paese e ha personaliz­zato partito distruggen­done il consenso. Ha soffocato anche Gentiloni, una figura rassicuran­te che ben poteva contrappor­si con equilibrio, serietà, dolcezza a chi grida».

Da dove deve ripartire il Pd?

«Dal territorio... no aspetti, non dica che è la solita cosa trita e ritrita. Il voto del risentimen­to, che oggi premia Lega e Cinque Stelle, è volatile, non si può restare arrabbiati tutta la vita. Ma dopo la rabbia, cosa c’è? Ecco, questo dobbiamo fare noi: elaborare un pensiero e lo possiamo fare solo mettendoci in ascolto. Se non parli col territorio di che parli? Su quali basi formi le tue argomentaz­ioni? O davvero pensiamo basti la democrazia digitale? Torniamo alle persone, questo è il mio appello. Incontriam­oci. Valorizzia­mo chi, come i sindaci, è legato al tessuto della società, valorizzia­moli visto che finora sono stati sminuiti e sono rimasti inascoltat­i. Rispondiam­o alla disinterme­diazione dilagante riconnette­ndoci con i cittadini».

Un piano dall’orizzonte lunghissim­o.

«Ci attende la traversata nel deserto, sì. Ma se mai ci incamminia­mo...». Ma. Bo.

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Sindaco uscente Achille Variati, 65 anni, primo cittadino da due mandati

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