Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Padova-Cambridge e ritorno «Ricerca d’eccellenza anche in Italia ma tocca ingegnarsi a cercare fondi»
La prima volta ha pubblicato su Nature. Aveva a 27 anni. Poi su Science e Cell. Se lo sono litigato Harvard e Cambridge. Ha vinto Cambridge dov’è rimasto per 4 anni. Poi, però, è tornato. Graziano Martello ha 39 anni (li compie il primo aprile ma su una carriera così c’è poco da scherzare) ed è professore associato di Istologia al Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, ricercatore Telethon ma, soprattutto, ha un suo laboratorio. Un laboratorio avviato con un milione di dollari concessi dalla Fondazione Armenise, soggetto italianissimo ma che per le selezioni di una sola borsa l’anno per il rientro dei cervelli in Italia, si avvale delle selezioni di Harvard. In quei mesi vince anche una borsa di Telethon.
Ci racconta perché ha lasciato l’Italia dopo un brillante dottorato a Padova?
«Dopo la laurea in biotecnologie mediche e il dottorato in embriologia sempre a Padova volevo ampliare le mie competenze. Non si tratta di essere esterofili, un aspetto fondamentale per la carriera di un ricercatore è lavorare fuori».
E’ partito già con l’idea di tornare?
«Non ne ero certo ma ci speravo. Anche per un senso di responsabilità. La formazione avuta qui a costo quasi zero è assolutamente competitiva e mi piace pensare di poter contribuire ora che sono tornato».
La volevano ad Harvard e a Cambridge, perché ha scelto l’Inghilterra?
«Mi è piaciuto di più l’ambiente, è un piccolo paese nella campagna inglese con una densità di università e centri di ricerca incredibile. Si gira solo in bicicletta ma sai che hai a portata di mano premi Nobel».
Dubbio per tornare?
«No, Cambridge mi è servita a rivalutare la qualità della vita e del sistema italiano».
Su cosa lavora?
«Studiamo le cellule staminali cellule staminali pluripotenti, paragonabili all’embrione, così indifferenziate che possono dare origine a leucociti come a neuroni. Fra i filoni di studio ora ci sono le malattie neurodegenerative e la leucemia».
Il prossimo passo?
«Avvicinare una casa farmaceutica per passare a un livello successivo di ricerca ma la Glaxo si è trasferita da Verona alla Croazia...».
I finanziamenti sono una nota dolente?
«Ci si deve ingegnare, abbiamo appena vinto quella che chiamano la Champions league della ricerca, la borsa europea ERC che coprirà il lavoro del laboratorio per altri 5 anni con 1,5 milioni di euro. Poi, sui fondi pubblici, pochi o tanti che siano, in Italia penalizza la non continuità degli stanziamenti, il Prin salta un paio d’anni poi, forse, ritorna, così non si può pianificare».
Le avanza tempo per fare altro?
«Suono con la Big band Unipd e sì, confesso, incarno lo stereotipo dello scienziato nerd: serate con gli amici a vedere film di fantascienza. E, naturalmente, cerco di essere un bravo zio».