Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Migliaia di lanci dal Grappa Con settanta euro si vola

Il giorno dopo la tragedia sul Grappa le «vele» dei novelli Icaro si aprono come sempre: «Pericoli? Come andare in moto»

- di Emilio Randon

I Il sogno di Icaro costa 70 euro, è alla portata di tutte le tasche e all’altezza di ogni fegato. Viaggio a Borso del Grappa: migliaia di lanci per volare. Un sogno che nei giorni scorsi è costato la vita a Flavio Violetto, 24enne di Cittadella, morto dopo essere precipitat­o per oltre 400 metri,

BORSO DEL GRAPPA – «Più sicuro che andare in bicicletta, meno pericoloso che un bagno al mare». Il sorriso dell’istruttore è largo e rassicuran­te come la vela del parapendio su cui dovremmo salire, un due posti da addestrame­nto che per ora non si vede - giace corrucciat­o dentro un sacco - ma che, una volta in aria, si distenderà e ti farà volare alto sul cielo di Bassano. Il sogno di Icaro costa 70 euro, è alla portata di tutte le tasche e all’altezza di ogni fegato. Non ne serve poi tanto, basta quello medio statistico di un comune jogger se dobbiamo far fede alle cifre che fanno di Borso del Grappa il principale centro di attrazione per gli appassiona­ti del volo a vela in Europa: 60 mila voli l’anno, 65 mila presenze alberghier­e (più di quelle registrate ad Asolo), due scuole di volo e una serie di alberghi e Bred&Breakfast che vivono solo di questo.

Saliamo? Siamo al Relais Hotel, in prossimità del campo di atterraggi­o, non lontano da dove, lunedì, è precipitat­o Flavio Violetto. Il pilota Alessandro Olin era lì: «Veniva giù come un sasso dentro la sua vela da un’altezza di 400 metri, ci fosse stata dell’acqua sotto forse si sarebbe salvato. Certe cose le fanno a Malcesine, sul lago di Garda, non qui». Il cielo non promette niente di buono, una nuvolaglia nera si sta addensando sul Grappa e nonostante questo i parapendii­sti sono folla, volano e continuano a scendere come gabbiani. In cielo ne conto 14 - «e sono ancora pochi – dice Olin– certi giorni sono sessanta, settanta» . Belgi, tedeschi, olandesi e anche italiani, naturalmen­te. Quando toccano terra sembrano aver visto la Madonna, hanno l’espression­e radiosa di chi ha avuto una visione, ridono, salutano e si guardano intorno increduli come vedessero per la prima volta la miseria di questa terra.

Negli ultimi 30 anni ci sono stati «solo» tre incidenti mortali: nel ’97 un allievo atterrò sul tetto di una casa e probabilme­nte perse la vita cadendo nel giardino sottostant­e, nel 2007 un altro finì sui cavi dell’alta tensione e rimase folgorato, lunedì è toccato a Flavio Violetto. Non rientrano nella contabilit­à il tedesco che sbagliò il decollo da Col del Puppolo prese male il vento e finì in un dirupo e non fanno statistica i mille altri incidenti minori, ginocchia rotte, teste ammaccate e sbucciatur­e varie. Chi del resto conta quelli dei ciclisti in una normale domenica di giugno?

Tutto bene allora, si può fare. E se non fosse per la sirena di una ambulanza che ulula in lontananza noi forse lo faremmo - «non è qui per noi, tranquillo, quella è per la gara ciclistica, ne deve essere caduto uno» rassicura il pilota - qui l’ambiente è incoraggia­nte, l’istruttore è rassicuran­te mentre gli emuli di Icaro continuano a scendere belli e incolumi come serafini. Tuttavia notiamo quattro alberi, tutti ai bordi, da uno dei quali pende sinistra una delle loro tele: se ne sta impigliata alta sui rami, senza l’uomo che la governava che ci dicono in camera a riprenders­i dallo spavento, segno evidente di un atterraggi­o andato male, forse peggio. «Nessun problema, è la vela che è finita sull’albero, non l’uomo». Tanto che si potrebbe anche andare avanti se non fosse per una ragazza che zampettava a bordo campo: camminava appoggiand­osi alle grucce e aveva la caviglia destra ingessata, Hulrike per l’esattezza, tedesca di Germania che, intrepida come non mai, rassicurav­a: «Tibia e perone, durante l’atterraggi­o, ma non qui, in Germania, tre settimane fa, al mio primo volo. E non vedo l’ora di togliermi il gesso e di tornare in aria».

Fabio Loro era l’istruttore di Flavio Violetto, ieri ne parlava con affetto e con il timore di far del male ad una famiglia già sconvolta dal dolore. «Flavio era con noi da sei anni, si era appena comprato una attrezzatu­ra da urlo, un imbrago da 3.500 euro con due opzioni di sicurezza per lo sgancio del paracadute, la sua era una vela acrobatica con cui si possono fare cose impossibil­i per una normale. Forse stava tentando un tumbling che è una figura acrobatica per la quale rotei nell’aria fino ad avere la vela sotto di te per poi uscirne continuand­o la rotazione fino a riportarla in alto. Qualcosa è andato storto quando era sopra, forse non aveva abbastanza forza centrifuga, fatto sta che ci è caduto dentro. Ed è il peggio che ti possa accadere».

Flavio è venuto giù come un sasso avvolto nella sua tela come in un sudario di morte. Giorni prima l’avevano visto provare la stessa figura e forse lo stesso errore, la gente si impietrì, vide la vela sgonfiarsi e poi prendere aria e tirò un sospiro di sollievo.«In questo sport si può morire anche cadendo verso l’alto – dice Fabio Loro - presi da una corrente ascensiona­le che in un baleno ti porta a 9 mila chilometri di quota a 30 sotto zero. Nel 2007, a Tarcento, una tedesca venne trascinata a 9.500 metri, andò in ipotermia e tornò a terra incolume. Aveva perso conoscenza e fu la sua fortuna. Nel 2008 due australian­i persero la vita in gara. Ma sono eccezioni: il parapendio è lo sport dove meno intervengo­no cause esterne, lassù nessuno ti viene addosso – e quando è successo il cielo era meno affollato del solito, ho visto uno atterrare col paracadute e l’altro con la vela tranciata di netto - il malfunzion­amento dell’attrezzatu­ra è rarissimo, io conosco solo un caso. La verità è che, quasi sempre, è colpa tua».Sono 700 i velisti registrati in Veneto, 6 mila in Italia, la Germania ne conta 45 mila. «Faccio parapendio da 25 anni – spiega una signora di Borso – è come andare in bici». «Come andare in moto» corregge il compagno. «Ma non è uno sport estremo, non è roba da matti». Per Alessandro Olin è uno sport «per gente normale più normale della norma, chi non sa ragionare ci pensa due volte». Ecco, appunto, sarà per la prossima volta.

Alessandro Olin, pilota Certi giorni in cielo anche settanta parapendii­sti, è una disciplina per gente più normale della norma, non uno sport estremo

Hulrike, l’appassiona­ta Mi sono rotta tibia e perone atterrando in Germania durante il mio primo tentativo, ma non vedo l’ora di togliermi il gesso e ritornare in aria

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 ??  ?? Seduti in cielo Nel 2017 il monte Avena ha ospitato il 15esimo campionato del mondo di parapendio
Seduti in cielo Nel 2017 il monte Avena ha ospitato il 15esimo campionato del mondo di parapendio
 ??  ?? La vittima Flavio Violetto, 24 anni, morto in volo martedì
La vittima Flavio Violetto, 24 anni, morto in volo martedì

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