Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Uccise la sua ex: 30 anni di carcere «Mi dispiace, volevo morire anch’io»
Condannato Davide Tomasi. Lui si scusa. La sorella della vittima: meritava l’ergastolo
VICENZA Trent’anni di reclusione, senza nemmeno un giorno di sconto rispetto alla sentenza di primo grado, per aver ucciso l’ex compagna che era diventata la sua ossessione. Un delitto pianificato, attirando la vittima in trappola in una casa disabitata che diceva di voler comprare, pugnalandola alle spalle con un coltello da combat prima di cadere in uno stato comatoso per la dose massiccia di insulina assunta con un ansiolitico.
La corte di Appello di Venezia ieri, dopo due ore di camera di consiglio, ha confermato integralmente la condanna emessa a ottobre dal giudice per l’udienza preliminare di Vicenza, Cristina Arban, nei confronti di Davide Tomasi: trent’anni di reclusione partendo dall’ergastolo, ridotto di un terzo per il rito abbreviato. L’imprenditore 39enne di Grumolo delle Abbadesse rispondeva di omicidio premeditato per il delitto del 4 aprile 2016 in una villetta di Pojana di Granfion, a Grisignano di Zocco. Vittima la sua ex, Monica De Rossi, agente immobilitare di 47 anni di Grisignano, madre di tre figli: il titolare di palestra non era più riuscito a riconquistarla dopo che lei lo aveva lasciato a causa della sua gelosia ossessiva. E, stando alla perizia psichiatrica, dopo la fine della relazione Tomasi aveva sviluppato «rabbia, ansia e umore depresso». Ed era arrivato a pianificare quello che, secondo la sua versione, doveva essere un omicidio-suicidio, tanto da tentare di recuperare clandestinamente una pistola.
«Mi dispiace per il dolore arrecato, avrei voluto morire io» le poche parole pronunciate ieri in aula dall’omicida, che ha manifestato per la prima volta ufficialmente il suo pentimento. Per il perito del giudice era lucido e sapeva quello che faceva quando ha deciso per la vita della sua ex. Ma il suo legale, Letizia De Ponti, anche davanti ai giudici veneziani ha insistito sulla gravità del disturbo della personalità che gli è stato riscontrato, una patologia che per gli specialisti di parte avrebbe pregiudicato la sua capacità di volere. Eppure la linea difensiva non è riuscita a «limare» la sentenza di primo grado. «Attendiamo le motivazioni e valuteremo il ricorso in Cassazione» annuncia De Ponti.
«La conferma della sentenza di primo grado ci solleva per quanto sappiamo bene che non sconterà tutti i trent’anni in carcere – commenta Paola De Rossi, sorella della vittima – è comunque una vergogna il rito abbreviato in caso di omicidio, non dovrebbero esserci sconti, meritava l’ergastolo». Lei, con i cinque fratelli e i tre figli della sorella, assistiti dall’avvocato Marco Dal Ben, sono destinatari (almeno sulla carta) di una provvisionale di oltre un milione di euro, confermata anche in Appello.