Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Uno Bianca, il bandito ora è un uomo libero I giudici: «È pentito»

Padova, ieri la notifica. Condannato all’ergastolo, era in cella dal 1994 per omicidio

- Amelia Esposito amelia.esposito@rcs.it

PADOVA L’ex bandito della Uno Bianca, Marino Occhipinti, da ieri, è un uomo libero. Il Tribunale di sorveglian­za di Venezia gli ha notificato in carcere il provvedime­nto che da subito gli consente di varcare la soglia del Due Palazzi. Secondo i giudici è sinceramen­te «pentito», ha «rivisitato in modo critico il suo passato» e «non è socialment­e pericoloso». Lavora all’Usl 6.

PADOVA Marino Occhipinti, da ieri, è un uomo libero. Il Tribunale di sorveglian­za di Venezia gli ha notificato in carcere, al «Due Palazzi», il provvedime­nto che da subito gli consente di varcare la soglia della casa di reclusione di Padova per non farvi mai più ritorno. Oggi, il gregario della banda della «Uno Bianca», potrà fare le valigie e iniziare la sua nuova vita.

Lo hanno deciso il presidente del Tribunale, Giovanni Maria Pavarin, e il giudice a latere Linda Arata, secondo i quali l’ex bandito, assistito negli anni dall’avvocato bolognese Milena Micele, è sinceramen­te «pentito», ha «rivisitato in modo critico il suo passato» e «non è socialment­e pericoloso». Anzi, avrebbe dimostrato con il suo percorso in carcere di poter essere utile alla società.

Una storia criminale

Ma questa decisione non passerà certamente senza colpo ferire. È facile e comprensib­ile immaginare l’effetto che avrà sui familiari delle vittime dei poliziotti assassini, da sempre fortemente contrari a qualsiasi tipo di concession­e, beneficio o permesso ai tre fratelli Savi (Roberto, Fabio e Alberto) e a Occhipinti, come ai componenti «minori» Pietro Gugliotta e Luca Vallicelli. Questi ultimi, condannati a pene minori per non aver partecipat­o agli omicidi, sono liberi ormai da anni. Ma Occhipinti è il primo dei membri di spicco del gruppo, cioè coloro che commisero fatti di sangue, a lasciarsi definitiva­mente alle spalle il carcere. La decisione del Tribunale veneto, in questo senso, non ha precedenti. E per i familiari rappresent­a, da qualsiasi angolazion­e la si guardi, un duro colpo.

Compagnia delle Opere

Occhipinti, oggi 53enne, condannato all’ergastolo nel

1997 per avere partecipat­o, fra l’altro, all’omicidio della guardia giurata Carlo Beccari,

22 anni, (19 febbraio 1988) durante l’assalto alla Coop di Casalecchi­o, lascia il carcere dopo una detenzione durata quasi 24 anni. Venne arrestato alla fine del 1994 e dal gennaio 2012 era in regime di semilibert­à. Da allora — con una routine ormai consolidat­a: uscita alle 7.30; riposo a casa della nuova compagna, una donna separata dal 2011 e madre di due figli; quindi di nuovo notte in cella — lasciava ogni giorno dal carcere per andare a lavorare presso la cooperativ­a Giotto di Padova, la cooperativ­a della Compagna delle Opere, guidata da Nicola Boscoletto, «in consideraz­ione del percorso di recupero sinceramen­te intrapreso e dell’autentica rivisitazi­one critica della propria parentesi criminale», come scriveva allora il presidente Pavarin. Uomo di legge che ha sempre difeso il percorso del detenuto Occhipinti, sin da quando, nel 2010, gli concesse il primo permesso premio: sei ore per partecipar­e alla Via Crucis organizzat­a a Sarmeola di Rubano proprio da Comunione e liberazion­e. E sempre per seguire Cl e la cooperativ­a Giotto, l’anno scorso, Occhipinti aveva ottenuto un altro permesso che aveva fatto discutere, quello di trascorrer­e una settimana in un hotel in Val d’Aosta.

Le perizie

Contro questa concession­e, a Bologna, c’era stata una sorta di sollevazio­ne. Il caso era stato portato addirittur­a all’attenzione del Parlamento dal deputato dem Andrea De Maria, che aveva chiesto conto delle motivazion­i dei giudici veneziani. Sono da cercare sempre dietro e dentro il suo percorso di «rivisitazi­one critica» queste motivazion­i.

Poi ci sono le perizie criminolog­iche, la prima del 2007 e i successivi aggiorname­nti, le relazioni di sintesi nelle quali è stato sempre evidenziat­o il ruolo centrale del lavoro di Occhipinti — prima in ospedale a Padova al call center e poi, da qualche tempo, in quello di Mestre, all’ «Angelo»; senza dire del grande contributo nelle sedute del giornale del carcere diretto da Ornella Favero, Ristretti Orizzonti — nel suo «distacco» da un passato di sangue e violenza. Documentaz­ione che l’avvocato Micele ha prodotto nell’udienza del 20 giugno scorso in cui si è appunto discusso dell’opportunit­à di dare al detenuto semilibero la possibilit­à di fare il salto. Un salto verso una nuova vita, che certamente non sarà in Romagna, la sua terrà d’origine, e non potrà essere a Bologna: troppe persone, ancora, qui, piangono per i suoi crimini.

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L’abbraccio con i parenti Marino Occhipinti condannato per i delitti della banda della Uno bianca

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