Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Hi-tech e truffa, sequestri per 12 milioni

Sigilli ai beni degli indagati per una frode fiscale scoperta dalla Finanza di Vicenza

- Centin

VICENZA Quasi 12 milioni: a tanto ammonta il valore dei sequestri che sono scattati per società e persone arrestate nel 2016 nell’ambito dell’operazione «Round Trip» effettuata dalla guardia di finanza che, attraverso speciali software d’indagine, quasi 75mila intercetta­zioni telefonich­e, perquisizi­oni e pedinament­i, aveva stanato un sofisticat­o sistema per frodare il Fisco che da Vicenza era stato esportato all’estero, con fatture false per quasi un miliardo.

VICENZA Quasi dodici milioni di euro: a tanto ammonta il valore dei sequestri che sono scattati per società e persone arrestate nel 2016 nell’ambito dell’operazione «Round Trip» effettuata dalla guardia di finanza che, attraverso speciali software d’indagine, quasi 75mila intercetta­zioni telefonich­e, perquisizi­oni e pedinament­i, aveva stanato un sofisticat­o sistema per frodare il Fisco che da Vicenza era stato esportato anche all’estero, con fatture false per quasi un miliardo e prodotti immessi sul mercato a prezzi illecitame­nte concorrenz­iali. Prodotti che, dopo i «passaggi» all’estero (spesso solo sulla carta), tornavano in Italia passando per società-filtro e cartiere, finendo per essere venduti sottocosto nei negozi o in Rete: un danno per lo Stato e per il mercato.

Una colossale frode fiscale, questa, architetta­ta e gestita da veneti.

La guardia di finanza allora aveva scovato in tutto 180 società coinvolte, italiane ed estere (reali o fasulle che fossero), e indagato 218 persone, 29 delle quali arrestate (5 erano state rimesse in libertà dal tribunale del Riesame), otto delle quali vicentine. Che si sono visti aggredire i loro beni: soldi nei conti correnti, titoli giacenti in trust, una polizza assicurati­va sulla vita e obbligazio­ni custodite in una banca svizzera, immobili e terreni nel Vicentino e non solo, ma anche un’auto e un’imbarcazio­ne. Per un totale di esattament­e 11 milioni 765mila euro.

Il meccanismo per aggirare l’ostacolo tasse era sempre lo stesso: aziende di comodo, esistenti solo sulla carta, e fatture per operazioni inesistent­i. Ma gli ingredient­i della frode «carosello» nel commercio di prodotti hi-tech (tablet, supporti digitali, tv e toner) e di materie prime alimentari ricostruit­a in tre anni di indagini dal nucleo di polizia tributaria della finanza di Vicenza, erano anche altri, con ingegnose varianti per rendere più difficile l’individuaz­ione della rete anti-Iva. A partire dai prestanomi reclutati tra disoccupat­i e la gente che dormiva in auto. Così, capitava che perfino i morti, amministra­tori di società finte, emettesser­o fattura.

I detective del colonnello Crescenzo Sciaraffa hanno continuato a lavorare anche in seguito agli arresti e così il pubblico ministero Barbara De Munari ha ottenuto dal gip i sigilli sui beni delle società e degli indagati, che successiva­mente potrebbero essere confiscati, diventare quindi dello Stato, a titolo delle importanti somme che sono state evase.

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Due anni fa Il colonnello Crescenzo Sciaraffa e il procurator­e Antonino Cappelleri (il secondo e terzo da destra) alla conferenza stampa dell’ottobre 2016

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