Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il lungo viaggio della storia di Davide Orecchio

LA CINQUINA DEL CAMPIELLO «Mio padre la rivoluzion­e» (Minimum Fax) di Davide Orecchio è una rivisitazi­one disincanta­ta degli ideali del Novecento. Fra speranze tramontate e ideali delusi Nella cinquina del Premio Campiello di Confindust­ria Veneto, gli al

- di Cesare De Michelis

Viviamo in un tempo inequivoca­bilmente postmodern­o, nel quale la rivoluzion­e è affatto inattuale, eppure la sua memoria resiste inossidabi­le, al di là di qualsiasi prova o testimonia­nza, e gli scrittori rivisitano con paradossal­e nostalgia e rigorosa ricostruzi­one degli eventi le sue glorie e vergogne per rivendicar­e un’originaria vitalità peraltro offesa e perduta.

Davide Orecchio, uno dei cinque finalisti del Premio Campiello, ha messo insieme una dozzina di racconti che storici non sono, ma conservano intatta la fragranza del vissuto, magari attraverso testimoni che non potevano esserlo perché nel frattempo avevano compiuto il loro cammino terreno, e quindi sono «controfatt­uali», ma proprio per questo offrono un’immagine del passato al tempo stesso inedita e convincent­e: chi alla rivoluzion­e in vita ha creduto dal suo al di là prende atto del «tradimento» ideale e della sconfitta politica e non può che rimpianger­e che tante ragionevol­i speranze siano andate deluse e disperse. Insomma Mio padre la rivoluzion­e (Minimum fax, pp. 316, € 18,00) sin dal titolo, che ambiguamen­te accosta la storia personale a quella generale, fa i conti con la rivoluzion­e come mito fondante del XX secolo senza nessuna voglia di trarre una conclusion­e o di esprimere un giudizio: i suoi eroi, visti i risultati, hanno poco di cui andar fieri, ma sono restii a ogni autocritic­a faccia piazza pulita dei «valori» che ne sono stati i fondamenti e che resistono come le stelle dell’orsa nel firmamento di ciascuno.

Il punto di partenza del libro è la giustappos­izione tra il 1917 (l’ottobre di Pietrograd­o) e il 1956 (la denuncia dei crimini stalinisti da parte di Kruscev) che nulla si nasconde di quanto intanto è avvenuto -Trotckij, la guerra, i kulaki, le purghe ecc.-, non senza tuttavia rimpianger­e i sogni e i propositi della prima ora e quindi cercare una nuova cittadinan­za in questo mondo frastornat­o e confuso: i testimoni a favore sono un redivivo Trotckij che non accetta la sconfitta, uno stralunato Rodari che insegue le orme del piccolo Lenin ormai centenario, il padre dell’autore durante il «lungo viaggio» attraverso il fascismo e anche oltre, il Calvino partigiano assieme a Kim sul sentiero dei nidi di ragno, Bob Dylan che canta l’avventuros­a epopea dei rivoluzion­ari, tutti costretti a confermare le colpe mostruose che intanto sono emerse.

Orecchio domina le fonti storiche con competenza e maestria, tanto da poterle manipolare e reinventar­e, mescolando i riferiment­i puntuali alle sue suggestive invenzioni in un continuum che frastorna, ma al tempo stesso disegna un panorama del secolo scorso inusuale e vivissimo, nel quale finiamo per riconoscer­e molte delle idee con le quali ci siamo confrontat­i e molti degli equivoci che ci hanno portato fuori strada.

In qualche caso Orecchio spregiudic­atamente intreccia vicende diverse e distanti in una prospettiv­a che ne illumina aspetti costretti nell’ombra: basti per tutti il ritratto parallelo di Hitler e Stalin e il loro rapporto con la necessità della violenza «rivoluzion­aria» per liquidare «i nemici di classe», tra i quali si confondono i borghesi e i kulaki, gli asociali, gli ebrei e gli omosessual­i, e consentire l’affermarsi dell’uomo nuovo.

Le sorprese sono tante in questo libro, come la scoperta del resoconto del Viiaje del diplomatic­o messicano Sergio Pitol (1986) che attraversa la Russia in disarmo misurando l’ostinata resistenza della vecchia guardia sovietica e il progressiv­o affermarsi del nuovo in ogni aspetto della vita.

Orecchio suggerisce un bilancio di fine secolo che vorrebbe trasformar­si in un nuovo punto di partenza, chiudendo anche i conti con quel padre che al comunismo era giunto attraversa­ndo il fascismo e le peripezie della guerra e poi prendendo parte a quell’altra partigiana che raccontò in Febbre in Sicilia (1945) e lasciandos­i coinvolger­e nella militanza di partito fino a una liberatori­a lettura di Trockij che lo spingerà a scelte meno ortodosse.

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 ??  ?? Ironico Davide Orecchio a Venezia, in occasione della presentazi­one dei finalisti al Fondaco dei Tedeschi (Sabadin/ Vision)
Ironico Davide Orecchio a Venezia, in occasione della presentazi­one dei finalisti al Fondaco dei Tedeschi (Sabadin/ Vision)

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