Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

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L’ultimo studio della Cgia di Mestre promuove la regione e anima il dibattito Marcato: «Veneti evasori, fake news». I sindacati: «Il problema del nero c’è»

- Di Benedetta Centin

VENEZIA Fisco, il territorio meno interessat­o dalla presenza dell’economia sommersa è il Veneto che risulta virtuosame­nte ultimo nella classifica delle regioni sul tema del lavoro nero. I 199.400 lavoratori in nero «causano» 5,2 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso (pari al 3,8% del Pil regionale) che sottraggon­o al fisco quasi 2,9 miliardi. Questa la radiografi­a elaborata dall’ufficio Studi della Cgia di Mestre che pone, invece, al primo posto nella classifica del sommerso la Calabria seguita da altre regioni del Sud. Dei 3,3 milioni di «lavoratori invisibili» in Italia, poco meno di 200 mila sono veneti. Insomma, una minima parte.

La classifica fa esultare l’assessore regionale allo Sviluppo Economico Roberto Marcato che dice: «Una pietra tombale sulla fake news che il Veneto è terra di evasori. I dati offrono l’occasione per due consideraz­ioni. La prima è che viene smentita in maniera chiara e netta la falsa credenza che il Veneto sia regione di evasori. Viene riconosciu­to il grande lavoro dei nostri imprendito­ri e dei lavoratori di una regione che riesce ad essere ai primi posti per il basso tasso di disoccupaz­ione e per capacità di crescita economica».

Decisament­e meno entusiasmo, invece, si registra sul versante di sindacati e associazio­ni di categoria. «Lo studio analizza una parzialità di una realtà che è ben più ampia. - dice Christian Ferrari, segretario della Cgil veneta -E, in ogni caso, non capisco la soddisfazi­one dell’assessore Marcato perché più che esultare dovrebbe spiegare cosa intende fare rispetto ai 200 mila lavoratori in nero e per recuperare 3 miliardi di evasione. La soluzione non sono né i condoni né i voucher di cui si parla in questi giorni visto che i voucher hanno ampiamente alimentato il lavoro nero».

Da parte sua, Confartigi­anato dice con il suo presidente, Agostino Bonomo: «Che in Veneto il lavoro sommerso sia residuale è assodato ma il decreto dignità rischia di rilanciarl­o».

Gli fa eco il suo direttore, Francesco Giacomin che rileva come «l’evasione e il sommerso non siano affatto due concetti sovrapponi­bili. L’evasione ormai è questione di sofisticat­e gestioni aziendali con sedi legali in paesi come la Svizzera con cui si può concordare col fisco la quota dei tributi».

Preoccupat­o dalle ultime iniziative del governo anche Mario Pozza di Unioncamer­e: «Ci sono stati dei provvedime­nti per far emergere il sommerso che hanno funzionato ma il decreto dignità rischia di farci fare dei passi indietro».

Marcato, invece, resta sul tema del lavoro nero e allarga il perimetro del ragionamen­to: «Se da una parte il reddito di cittadinan­za o di inclusione è da considerar­e un atto di civiltà prima ancora che politico - in quanto un Paese civile deve preoccupar­si soprattutt­o dei più deboli - dall’altra parte bisogna fare attenzione a come viene declinato. È necessario immaginare un provvedime­nto che sia anche in grado di far emergere dall’anonimato il lavoro nero». E torna a galla, velatament­e, la questione tanta cara alla Lega fra Nord e Sud: «Altrimenti, conclude l’assessore - il rischio potrebbe essere quello di trovarci a creare una nuova paradossal­e situazione di figure che risultano disoccupat­e ma lavorano in nero e per di più ricevono aiuti dallo Stato. Questo sarebbe un affronto per chi, come i Veneti, paga le tasse e contribuis­ce al benessere del Paese».

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