Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Pmi «adulte», Gradiente mette altri 120 milioni
La Sgr avvia il suo secondo fondo: dall’estero metà dei soldi
Pmi «adulte», Gradiente PADOVA sgr avvia il suo secondo fondo d’investimento. Centoventi milioni di obiettivo di raccolta e cento già portati a casa, 60 dei quali dall’estero, con un segnale di interesse rilevante, di questi tempi, sull’Italia delle piccole medie imprese. L’obiettivo resta quello di sempre, da nove anni a questa parte, per la Sgr padovana fondata da Pietro Busnardo con i partner Carlo Bortolozzo e Fabrizio Grasso, soci di maggioranza con al fianco le Fondazioni Cariparo e Carilucca e Carimonte Holding: scegliere Pmi tra i 15 e i 30 milioni, per metterle su una via ordinata di crescita. E farle diventare in sostanza aziende adulte, capaci di camminare in tempi complicati.
Il passo in più avviene in questi giorni, con le prime mosse decisive del fondo Gradiente II. Dopo l’acquisizione, a marzo, della friulana Hpf, attiva nella produzione di particolari forgiati per le apparecchiature medicali, 18 milioni di ricavi nel 2017 e un progetto mirato di sviluppo, la scorsa settimana è arrivata la seconda operazione: l’acquisizione dell’80% di Cold Line, azienda padovana delle apparecchiature refrigerate per la ristorazione professionale, 20 milioni di ricavi e l’idea sottostante all’operazione di un’espansione internazionale, da realizzare anche per acquisizioni. La terza delle dieci operazioni ritenute possibili con il fondo Gradiente II dovrebbe arrivare a cavallo dell’anno nuovo.
La logica con cui si muove il team di sette persone guidato da Busnardo resta quella già vista all’opera con il fondo Gradiente I. Quella di chi, visti i trascorsi dei fondatori, guarda alle imprese prima con gli occhi dell’ingegnere o dell’uomo d’industria che con quelli del finanziere. «L’approccio è molto analitico, scegliamo le imprese guardando agli spazi di crescita e siamo molto parchi con il debito sostiene Busnardo -. Cerchiamo sempre quell’intuizione imprenditoriale che sta dentro alle Pmi italiane di successo. E pur chiedendo spesso ai vecchi gestori di rimanere, siamo molto attivi nelle aziende che scegliamo, nelle quali cerchiamo di introdurre metodi e approcci organizzativi più solidi. Non immaginiamo soluzioni puramente finanziarie, ma operazioni industriali costruite con piani strategici».
Anche con trucchi dettati dall’esperienza: «Un bel capannone - aggiunge il numero uno dell’Sgr - è spesso un primo indice che lì dentro c’è un bravo imprenditore. Cerchiamo di muoverci da soli, per costruire un rapporto diretto con lui e di capire a fondo l’azienda. Privilegiamo le realtà proprietarie. I nostri processi possono essere più lunghi del solito, perché spesso agli imprenditori che incrociamo siamo i primi a parlare di fondi d’investimento. Tanto che delle otto aziende scelte con il primo fondo tre le abbiamo trovate da soli e quattro ci sono state offerte ini via preferenziale».
Le aziende-target restano Pmi. In compenso qualcosa è cambiato, rispetto a quanto visto con il fondo Gradiente I, partito nel 2009 con i primi 30 milioni messi dalla Fondazione Cariparo, ultimi investimenti nel 2012 dopo aver speso 76 milioni nell’ingresso o nell’acquisizione di 8 imprese. Tra queste le pizzerie Spiller, rivendute alle birrerie Forst, la padovana Tapì, portata da 12 a 35 milioni di ricavi anche grazie a tre acquisizioni in Messico che da sole valevano 18 milioni, e venduta un anno fa al fondo Wise, e la trevigiana Vetro Elite, la cui quota di controllo del 60% è stata venduta sempre lo scorso anno al fondo francese Lbo. «Con il primo fondo ci siamo mossi su aziende tra i 10 e i 20 milioni di ricavi - spiega Busnardo -. Adesso guardiamo ad aziende un po’ più grandi, intorno ai 30 milioni, idealmente il doppio della taglia di prima. E faremo molte più operazioni di maggioranza».
Punto fondamentale, per il managing partner della Sgr: «La crisi ha cambiato molto le carte in tavola. E ha avuto anche una funzione positiva, mettendo di fronte molti imprenditori alle difficoltà di gestione o a quelle dei passaggi generazionali. Molto più di prima si è disposti a cedere la guida delle aziende. Che ovviamente è una condizione molto meno rischiosa per noi, visto che possiamo sviluppare in modo più diretto la nostra strategia. L’altro aspetto importante è che facciamo crescere la taglia media dei nostri investimenti, da 8,5 a 12 milioni di media, anche per avere più munizioni per le acquisizioni». Già, perché questo è un altro dei punti che si trovano tipicamente nelle operazioni di Gradiente: «Soprattutto se l’obiettivo è l’estero - dice il finanziere -, si fa prima ad entrare in un mercato acquisendo le esperienze di un’azienda in loco. Si tagliano i percorsi di crescita, risparmiando fino a tre anni».
E poi c’è il fatto che dei cento milioni già disponibili 60 arrivano dall’estero. Cartina di tornasole rilevante, visti i tempi, specie sulla disponibilità d’investimento verso le Pmi. «Prima delle elezioni l’Italia riscuoteva grande interesse per gli investitori stranieri - dice Busnardo -. Poi tra il voto e la formazione del governo si è bloccato tutto; ora la situazione per certi versi viene percepita come più sicura. Verso l’Italia vedo due metri di valutazione, negli investitori internazionali: una parte preponderante ragiona per stereotipi e non si fida; ma c’è anche una parte che sa come, oltre la politica, ci sia una realtà di imprese promettenti. Chi studia sa che le Pmi italiane hanno tantissimo da dire e sono un serbatoio inesauribile. A chi lamenta che non siamo come gli inglesi o i tedeschi, ricordo sempre che questo accade perché siamo italiani. E che sono esattamente le difficoltà del contesto a rendere le Pmi italiane più reattive e aperte al cambiamento». Con un’ultima valutazione, rispetto al serbatoio delle Pmi: «No, non siamo finiti, il Nordest non lo è. Certo, non è più facile come prima. Ma siamo ancora pieni di belle aziende».
” Non manca chi dà valore al nostro patrimonio imprenditoriale
Il Nordest non è finito: non è facile come prima ma ci sono ancora belle aziende