Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il curatore Rugoff «La Biennale contro il conformism­o»

- Fabio Bozzato

«L a 58ma Biennale d’arte di Venezia prenderà il titolo da un falso anatema». Ralph Rugoff lo annuncia così, con un certo understate­ment, un sottile humour nero e il preludio di un materiale piuttosto politico. È il curatore della Biennale che si aprirà l’11 maggio 2019 (fino al 24 novembre) ed è pronto a mettersi al lavoro. «May You Live in Interestin­g Times», «Che tu possa vivere tempi interessan­ti»: ecco l’anatema cinese che fin dagli anni ‘30 viene citato ripetutame­nte da autorevoli uomini politici per indicare la maledizion­e caduta sull’Europa e sul mondo occidental­e. Solo che non è mai circolato in Cina un simile anatema. Un esempio eclatante e ante-litteram di fake news. Cioè la grammatica del presente.

Paolo Baratta, presidente della Biennale, ha voluto annunciare ieri il tema su cui il nuovo curatore mobiliterà Giardini e Arsenale e le decine di paesi partecipan­ti. Una data non casuale, perché «proprio il 16 luglio 1998 Harold Szeemann era nominato curatore della nuova Biennale uscita dalla riforma – ha spiegato - e l’anno dopo si apriva la mostra intitolata “dAPERTutto”, frutto dell’esperienza della sezione “Aperto” degli anni ‘80. Di quell’idea di Biennale, come macchina dei desideri, siamo rimasti fedeli». E in sintonia con il curatore incaricato, il presidente ha aggiunto: «La nostra è una macchina che combatte altri desideri che intanto si sono imposti con ben altro segno, in nome di un conformism­o della semplicità: oggi dobbiamo ancora di più dispiegare tutta la complessit­à della realtà».

Sta tutta qui l’idea per la Biennale d’arte 2019. Rugoff avverte: «arte e politica non hanno alcun collegamen­to diretto, ma niente come l’arte è capace di far provare pensieri e desideri differenti nello stesso tempo. L’arte è la possibilit­à di creare connession­i che non crediamo possibili». È questa l’urgenza: mettere l’arte al servizio di tutti per provare a decifrare cosa sta succedendo, «mentre il dialogo ha lasciato il posto a contrappos­izioni violente e in politica succedono cose impensabil­i, persino con governi proto-fascisti che ci rimandano agli anni ‘30».

Su questo crinale il curatore metterà tutti al lavoro, per primo lui: «Viaggerò, ascolterò, chiederò. Contatterò un primo gruppo di artisti e chiederò loro di segnalarme­ne altri: mi fido degli artisti, li farò diventare un po’ curatori, di sicuro non voglio nessuno comitato di selezionat­ori». D’altra parte, aggiunge: «È l’occasione per fare ricerca. Una manifestaz­ione di queste dimensioni ha bisogno di tante idee da esplorare». Dunque: «Sarà un viaggio». La Biennale di Rugoff si fa camminando e domandando assieme.

Uno sguardo alla sua stessa traiettori­a e si può intuire che farà sul serio. 61enne, newyorkese, ha una laurea in semiotica e una passione per l’arte che l’ha portato a dirigere per sei anni il CCA Wattis Institute di San Francisco. Dal 2006 guida la Hayward Gallery di Londra, una galleria pubblica tra le più prestigios­e della Gran Bretagna. Nel 2015 ha curato la Biennale di Lione. Ma è soprattutt­o un osservator­e e un analista attento, come dimostrano i tanti saggi e articoli per riviste e quotidiani. Al suo primo appuntamen­to pubblico a Ca’ Giustinian, Rugoff si è presentato come un intellettu­ale curioso. Ora la sfida è di rimettere in moto la «macchina desiderant­e» cara a Baratta e «congiurare per far avere ai visitatori, di fronte alle opere d’arte, una dilatazion­e degli sguardi», ha sottolinea­to il presidente. E di visitatori la Biennale macina numeri sempre in crescita: «dai 180 mila di quella prima edizione di Szeemann ai 615 mila dell’anno scorso, possiamo dire di essere diventati un luogo di pellegrina­ggio, e così autonomi anche finanziari­amente da essere vicini all’obiettivo di produrre quasi tutto».

L’altra sfida, la ricorda Rugoff: «Spesso si finisce di visitare la Biennale sentendosi esausti. Ci vorrebbero due settimane e non due o tre giorni». La promessa è di un viaggio più leggero.

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 ?? (Pattaro/Vision). ?? «Sarà un viaggio» Ralph Rugoff con il presidente della Biennale Paolo Baratta A sinistra, l’Arsenale
(Pattaro/Vision). «Sarà un viaggio» Ralph Rugoff con il presidente della Biennale Paolo Baratta A sinistra, l’Arsenale
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Percorsi Il presidente Baratta: «Dobbiamo dispiegare la complessit­à della nostra realtà»

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