Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Un’azione mirata Sospetti? Nessuno»

L’ex direttore: la famiglia non c’entra

- Di Marco Bonet

«Un sorpasso azzardato in autostrada. Un editoriale non gradito da qualche mente instabile. Uno scambio di persona. Gli investigat­ori stanno scandaglia­ndo insieme a me ogni ipotesi e al momento solo una cosa è sicura: la mano che ha sparato è di quelle esperte, l’intimidazi­one ha tratti tipicament­e mafiosi, da criminalit­à organizzat­a». Ario Gervasutti, giornalist­a del Gazzettino ed ex direttore del Giornale di Vicenza, è rientrato da pochi minuti nella sua casa di Chiesanuov­a, Padova. Accanto a lui c’è la moglie e attorno a loro è tutto un andirivien­i di carabinier­i alla ricerca del dettaglio in grado di dare una svolta alle indagini.

«Sono stato in caserma fino all’una del pomeriggio, è da stanotte che ci interroghi­amo su ciò che è successo. Il risveglio di soprassalt­o nel cuore della notte, la paura, mio figlio che grida: ci hanno sparato in casa. Il foro di un proiettile sull’armadio. Non è stato un avvertimen­to qualunque: non mi hanno minacciato al telefono, non hanno lasciato un bidone pieno di benzina davanti al cancello, non hanno sparato alle auto in giardino. E sì che ne ho tre...».

L’arma è stata rivolta verso la casa.

«Mettendo in conto, o forse addirittur­a sperando, di colpire qualcuno perché sono stati esplosi cinque colpi e tre di questi hanno centrato la finestra mentre gli altri due si sono infranti contro il muro pochi centimetri al di sopra e al di sotto. Ora, magari chi ha sparato non sapeva che quella è la finestra della camera di mio figlio ma insomma, in una casa come la mia al piano di sopra o ci sono le camere o c’è lo studio, l’intenzione era quella».

Perché parla di una mano esperta?

«Hanno sparato in piena notte, sotto un diluvio universale, a venti metri di distanza , molto probabilme­nte spostandos­i. Sfido qualunque neofita a mettere a segno tre colpi su cinque in queste condizioni. No, qui non parliamo dell’ubriaco che spara per aria a casaccio, ne sono convinti anche gli inquirenti».

Dal passato non riemerge nulla?

«Abbiamo buttato sul tavolo tutte le ricostruzi­oni possibili, comprese quelle che sconfinano nella nostra vita privata. Niente di niente».

Anche per quel che riguarda i suoi figli? Il caso di Niccolò Bettarini dimostra che i balordi, in contesti improbabil­i, sono capaci di tutto.

«Zero. E se conoscesse i miei ragazzi non avrebbe dubbi, il più grande deve dare domani (oggi, ndr) l’ultimo esame prima della laurea. Anche loro sono stati ascoltati dai carabinier­i, come mia moglie. Tutte le ipotesi slegate dal lavoro sono escluse».

Non resta quindi che ripercorre­re gli anni da giornalist­a.

«Anche qui, ogni ipotesi è stata sminuzzata e analizzata, dall’editoriale sulla rapina di Nanto, Stacchio e Zancan, al commento sulla cellula terroristi­ca kosovara scoperta un anno fa a Venezia, fino ai pezzi che scrissi da direttore del Giornale di Vicenza sul crack della Popolare, vicenda che potrebbe mandare in fibrillazi­one gli animi più esagitati».

E niente.

«Niente di niente. Anche perché da due anni, da quando cioè sono rientrato al Gazzettino, mi occupo più che altro della “macchina” del giornale, avrò scritto sì e no quattro o cinque pezzi. E si tratta di editoriali sulla politica o l’economia».

Mai occupato di mafia?

«Mai nella mia carriera».

E di criminalit­à organizzat­a?

«Quand’ero inviato, dieciquind­ici anni fa ma si trattava di vicende assolutame­nte routinarie, scritte insieme a molti altri colleghi, nulla di clamoroso».

Buio fitto.

«Io continuo a credere, a sperare, che si sia trattato di uno scambio d’indirizzo, che sia stata presa di mira casa mia al posto di un’altra di cui io, ovviamente, non so nulla. E comunque in ogni caso si è trattato di un errore di persona perché con me, queste minacce, non funzionano. La mia idea del mestiere di giornalist­a, che scrive pane al pane e vino al vino resta quella».

Scambio di persona Mi auguro abbiano confuso gli indirizzi, di certo a sparare è stata una mano esperta

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