Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Ho sentito la raffica, e sono uscito di corsa ma in strada non c’era già più nessuno»
PADOVA I buchi dei proiettili sull’intonaco giallo, sopra la finestra, si vedono bene anche dalla strada. La stretta via all’inizio di Chiesanuova, alle porte di Padova, dove domenica notte c’è stato l’attentato contro la casa del giornalista Ario Gervasutti, ieri era un brulicare di curiosi e vicini di casa. E’ una laterale della strada principale, a pochi metri il traffico incessante dell’arteria, lì solo silenzio. Piccoli condomini, spicca la villetta gialla del giornalista, due piani, un giardino curato, un paio di auto parcheggiate. Non c’è il nome sul campanello. E questo è un elemento di non poco conto. Se i colpi di pistola erano indirizzati proprio a lui, chi ha sparato conosceva bene l’indirizzo.
Ben visibili invece le telecamere che sorvegliano la casa. E il simbolo della guardia giurata che passa a controllare. Ma non è bastato.
«Ho sentito bene gli spari, una raffica, quattro o cinque, uno dietro l’altro. Era l’1.45 di notte, aveva appena smesso di piovere. Ho guardato subito l’orologio, pensavo fossero ragazzini che facevano esplodere i petardi, mi sono affacciata alla finestra, ma in strada non c’era nessuno - racconta Luisa Canella, vicina di casa, che abita proprio davanti al giornalista - . Sono andata a dormire senza preoccuparmi troppo, fuori non c’era nessuno. E non ho sentito ne’ moto, ne’ auto passare. Ero convinta fossero stati i petardi. Fino alla mattina e alle auto dei carabinieri davanti alla casa. Lì ho capito che quei botti nella notte erano spari».
I testimoni ripetono la stessa cosa: spari nella notte, nessun rumore di auto e moto. «Mi sono affacciato subito, appena ho sentito i colpi, ma non ho visto nessuno - dice Lorenzo Pezzolato, 15 anni, ha il terrazzino che si affaccia proprio sull’ingresso di casa Gervasutti - . Guardavo la tivù con la finestra aperta, insieme a mio padre, ci ho messo pochi secondi ad uscire, ma sulla strada non c’era nessuno. E prima degli spari sono certo che non siano passate ne’ auto ne’ moto. I ragazzi Gervasutti? Li conosco di vista, li vedo sempre entrare e uscire dal cancello. Poi quand’erano piccoli frequentavano le scuole del quartiere. Ma sono più grandi di me di almeno cinque, sei anni, quindi non ci siamo mai frequentati, amicizie diverse». Una coppia di sessantenni, scuote la testa: «Mai successo niente del genere da queste parti. Sono vie tranquille, mai nemmeno una lite. Neppure dove abitiamo noi, nella strada vicina, dove ci sono parecchi extracomunitari. Nessun problema. Il giornalista? Lo conosco di vista. Qui però ognuno fa la sua vita, resta a casa sua, poi durante la giornata siamo al lavoro, quindi è difficile incrociarci». Arriva trafelato un signore in bicicletta, che chiede di restare anonimo. «Sono sconvolto, non ci posso credere. Sì, di vista conoscevo sia il giornalista che sua moglie. I colpi li ho sentiti anch’io in piena notte. Ma la strada era tranquilla, così non mi sono allarmato. Adesso però ho paura».
Ario Gervasutti e la moglie Monica, che insegna in una scuola di Campodarsego, vivono in quella villetta di Chiesanuova con i figli da almeno quindici anni. Accanto, una villa gemella, sempre gialla, separata da muro e piante.
La famiglia era in partenza per le vacanze in Calabria, a Sibari, dove hanno una casa e tornano tutti gli anni, meta tradizionale del loro relax estivo. Chi ha sparato sapeva di trovarli in casa domenica notte. Ieri è stata una giornata concitata: amici e colleghi preoccupati, la famiglia è stata bersagliata da telefonate. I due figli, soprattutto, sono sotto choc, come riferisce chi li ha incontrati. «Sono ragazzi forti, maturi, studiosi. Insomma, bravi ragazzi. Si riprenderanno presto».
Luisa Canella
Pensavo fossero petardi, uno scherzo da ragazzini La via era deserta, ho guardato l’orologio, segnava l’una e 45, sono tornata a dormire