Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Esborsi incoerenti», Toninelli porta il Mose alla Corte dei conti
La difesa del Cvn: con quei soldi pagati i dipendenti. Ma il Ministero assicura: l’opera si fa
VENEZIA Il Mose si concluderà, e questo detto da un sottosegretario 5 stelle (Michele Dell’Orco) per conto del suo ministro e compagno di partito Danilo Toninelli è già una notizia. Ma la nota del ministero delle Infrastrutture letta ieri alla Camera in risposta a un’interrogazione del deputato veneziano Nicola Pellicani (Pd) dice anche che il governo ha segnalato alla Corte dei Conti anomalie contabili rinvenute dal terzetto di tecnici nominati da Mit, Anac e Prefettura di Roma proprio per risolvere i dissidi tra Provveditorato alle opere pubbliche del Triveneto e Consorzio Venezia Nuova, il pool di imprese concessionario unico dei lavori. E così la magistratura contabile potrebbe trovarsi a fare una nuova ricognizione sulle dighe mobili che difenderanno Venezia dall’acqua alta, dopo quella ormai famigerata del 2008, finita agli atti della maxi-inchiesta perché gli uffici del Cvn di Giovanni Mazzacurati avevano cercato di «pilotare» la relazione finale per renderla meno critica.
I tre esperti (il generale della Finanza Cristiano Zaccagnini, Michelangelo Lo Monaco della Prefettura e il capodipartimento Mit Alberto Chiovelli) avevano criticato alcune operazioni nelle quali il Cvn avrebbe usato alcuni fondi destinati alle opere «anche per esborsi non coerenti» con la convenzione del 1991: per esempio si contesta al Consorzio di aver usato, tra il 2013 e il 2017, 55 milioni (di cui 37 dopo il 2015, inizio del commissariamento) destinati alle opere per pagare i costi di struttura dell’ente, che ha oltre cento dipendenti. «Avrebbero dovuto essere spesati con il compenso del concessionario o con somme messe a disposizione dai consorziati», spiega la nota. Ci sono poi stati ritardi nei pagamenti dei Sal (stati avanzamento lavori), le cartelle dell’Agenzia delle Entrate per svariate decine di milioni e infine il caos del mutuo Bei. La Banca europea degli investimenti ha infatti prestato centinaia di milioni al Cvn, che però negli anni «d’oro» non avrebbe eseguito i dovuti accantonamenti: così quando sono arrivati i commissari Luigi Magistro (uscito un anno fa), Francesco Ossola e poi Giuseppe Fiengo, per chiudere il mutuo in un solo anno sono stati pagati oltre
200 milioni, togliendoli alle aziende. «Un’operazione che noi abbiamo sempre contestato come illegittima», dice Maurizio Boschiero, ad di Mantovani. Nel comitato consultivo era poi stato più volte detto che a fronte di minori introiti si sarebbero dovute ridurre le spese del Cvn.
I commissari hanno però fatto una scelta diversa, puntando a salvaguardare l’occupazione ed evitando di dover portare i libri in tribunale. Più volte hanno poi sottolineato che ormai, a causa di un meccanismo di anticipazione usato da Mazzacurati a suo tempo, gli oneri del concessionario, che dovrebbero essere del
12,5 per cento, sono ridotti a meno della metà. Quanto alle imprese, sono aperti dei contenziosi su quelle somme anticipate. La relazione però afferma anche che nel tempo (prima dell’arrivo di Roberto Linetti un paio d’anni fa) il Provveditorato avrebbe dovuto controllare meglio e si conclude auspicando «ogni ragionevole sforzo» per concludere l’opera. I commissari sono permanente, ad eccezione del palazzetto del ghiaccio che sarà realizzato a Bolzano da un privato, secondo un progetto già previsto prima che si pensasse alla candidatura».
Ma la convenienza di Cortina non è solo nei numeri: «A questi vanno aggiunti altri valori - ha continuato il presidente della Regione - come la capacità dell’unico progetto davvero montano in lizza di sublimare il concetto di patrimonio universale sancito dall’Unesco per le nostre montagne, e la compattezza sociale, economica e istituzionale che accompagna il progetto». Non è un caso, insomma, se formalmente la candidatura è denominata «Cortina Dolomiti Unesco 2026». Secondo Zaia, infine, «La nostra proposta gode sin dal primo giorno di un vasto consenso trasversale a ogni livello: dal territorio, alle istituzioni, alle organizzazioni economiche, alla gente della montagna, che da decenni chiede occasioni di sviluppo compatibile come questa, che avrà effetti benefici per anni sul tessuto sociale ed economico delle terre alte».