Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Quorum, ricorsi e decreti Asco Holding, incubo statuto
Domani soci in assemblea. Ma l’uscita di Plavis è un campo minato
TREVISO Il nuovo statuto di Asco Holding domani riuscirà probabilmente ad avere il voto di una risicata maggioranza dei soci convocati in assemblea a Pieve di Soligo. Che questo basti a bonificare il campo minato sul percorso della normalizzazione della società che controlla (61,5%) la quotata e molto redditizia Ascopiave, però, è un sogno naif insufficiente a convincere, ormai, anche i soci più ingenui; e il tema del quorum si riduce ad essere solo una delle troppe incognite.
Per riassumere l’intricata questione - non marginale sia per le casse dei 90 municipi soci che per il ruolo che potrebbe avere (o perdere) il Veneto nel domino nazionale delle multiutility – va ricordato che il punto all’ordine del giorno di domani è fondamentale per risolvere lo spinoso rapporto con il socio privato Plavisgas (8,6%). E per rispondere alle nuove norme sulle partecipate degli enti pubblici della Riforma Madia. Le discussioni registrate finora, fra le ipotesi di fondere la società in modo inverso con la quotata, che avrebbe superato il problema, o integrare la Asco Tlc (che, a differenza della Holding, è dotata di un organico idoneo a rispondere alla riforma), hanno segnato nei mesi una scissione netta fra aree più o meno politicamente definite e, soprattutto, fra la Holding e Plavisgas. Ovvero il socio che va liquidato (45 milioni il valore della sua quota) e che ha trascinato di fronte al Tar la società, ottenendo ragione, per l’orientamento assunto di una fusione con la Tlc, giudicato dalla magistratura amministrativa non compatibile con le richieste della Madia. Del ricorso al Consiglio di Stato dei soccombenti si attendono gli esiti, e non sarà questione di poche settimane. Percorso, tra l’altro, che di fatto sconfessa la via di chiudere lo scontro con il socio privato attraverso la sua liquidazione, di cui il passaggio in assemblea di domani è il primo passo.
E per tornare ai trabocchetti di domani, il primo è il quorum. Il nuovo statuto dovrà passare con il voto favorevole del 50% più una delle azioni presenti in assemblea, con gli astenuti che valgono come i contrari. Gruppi di sindaci, questi ultimi, che, a differenza degli altri, conserveranno il diritto di recesso, ossia di cedere le quote alla Holding. Diritto che spetta anche agli assenti. Rischio pesante: chi non ci sarà domani, in pratica, incarnerà l’ambiguità strategica di consentire da un lato l’approvazione dello statuto e di tenersi aperta, dall’altro, la via di fuga dalla Holding. Ma se a chiedere di essere liquidato, compreso Plavisgas, fosse un corpo soci maggiore del 38% del capitale (per alcuni il 35% sarebbe già critico), quota sotto la quale non si può andare pena il venir meno della maggioranza in mano ai Comuni, allora il sistema andrebbe in crash. Fine di Asco Holding, nella forma a controllo pubblico così come è stata finora. La seconda insidia è il ricorso contro il Cda al Tribunale delle imprese di Venezia di 9 sindaci (il decimo è in arrivo) guidati da Spresiano e Trevignano per «gravi irregolarità tali da arrecare danno ai soci», secondo l’articolo 2409 del codice civile. In sostanza, l’aver insistito per la fusione di Asco Tlc nonostante la contrarietà dei sindaci dissidenti e senza aver accolto le richieste di assemblee per una discussione in tempi utili, avrebbe comportato rischi patrimoniali ai municipi, con il pericolo di essere contestati dalla Corte dei Conti. I nove, assistiti dal costituzionalista Mario Bertolissi, aspettano che i giudici veneziani decretino almeno una sospensiva degli atti commessi dal Cda a partire dalla data del ricorso. Perciò, venisse approvato domani, anche del nuovo statuto. «Certo, in questa storia – riflette il sindaco di Spresiano, Marco Della Pietra - nessuno ha potuto muoversi davvero in modo autonomo, i condizionamenti della politica sono forti e chiari. Ma nel Cda ci sono nomi e cognomi, se accetti di assumere ruoli di responsabilità a rispondere degli errori sei tu. Ci fosse stata almeno qualche apertura al confronto forse il dialogo sarebbe stato meno aspro». Ad ogni modo con una sospensiva si ripartirebbe dal via e il pericolo numero tre diventerebbe di arrivare a settembre, quando scadrà il tempo utile per aderire alla Madia, ancora impreparati. Dunque, a questo punto, con l’obbligo per tutti i soci pubblici di mettere sul mercato le partecipazioni in Asco Holding. Che equivale ad un’altra eutanasia.
A meno che nel frattempo il parlamento non modifichi la Madia stessa. «Non mi sembra sia una priorità in questo momento della legislatura», riconosce però Sonia Fregolent, senatore della Lega e sindaco di Sernaglia. Oppure che il Consiglio di Stato rovesci la sentenza del Tar e si possa procedere sulla fusione con la Tlc. Ma prima di settembre è utopia. «C’è in discussione il ‘decreto milleproroghe’ – suggerisce Fregolent – e magari se anche la Madia vi fosse inserita e fatta slittare un po’...».
DellaPietra Il cda risponde dei condizionamenti della politica
Fregolent La Madia? Si potrebbe far slittare con il milleproroghe