Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Donna uccisa, i parenti: «Rabbia, in Colombia non sarebbe successo»

- B.C.

VICENZA «Sconforto, delusione e molta rabbia». Questo, così come riferisce l’avvocato Nicola Guerra, lo stato d’animo manifestat­o dai familiari di Nidia Lucia Loza Rodiguez, la

37enne di origini colombiane che la sera del

12 aprile 2017 è stata uccisa con 34 coltellate in casa, a Camisano, dal suo stesso marito Mirko Righetto. Condannato martedì a 18 anni e 8 mesi di reclusione. Il pubblico ministero Alessandra Block ne aveva chiesti trenta, partendo dall’ergastolo e consideran­do lo sconto di un terzo previsto dal rito scelto. «In Colombia non sarebbe mai successo tutto questo», sostengono i fratelli e le sorelle della vittima, dalla Colombia, che non riescono a comprender­e le ragioni di una pena «troppo bassa» a loro modo di vedere. Sono increduli, sconvolti, c’è disappunto tra i parenti a migliaia di chilometri dall’Italia. La difficoltà dei legali, Nicola Guerra e Paolo Mele senior, è stata appunto quella di far capire loro che non è stata riconosciu­ta dal giudice l’aggravante della crudeltà. «È un impatto forte il mancato riconoscim­ento di questa aggravante sulla pena – sostiene Guerra -, non si capisce come trentaquat­tro coltellate non possano essere considerat­e come delle sevizie inferte per una maggiore sofferenza di una vittima che era comunque già inerte». Perché l’aggravante presuppone appunto di arrecare sofferenze aggiuntive alla vittima. E, lette le motivazion­i, la stessa procura non esclude di procedere, se vi fosse margine, ad impugnare la sentenza. «È ingiusta una sentenza del genere, la vita adesso non costa niente, solo diciotto anni, quanta amarezza» sono le parole di Liliana, anche lei colombiana, amica di Lucia, che è rimasta in contatto con le sue sorelle. «Quante volte ho sperato riuscissi a scappare da quell’uomo che ti aveva reso “schiava” – racconta Serena, un’altra amica –

18 anni non sono nulla». Quell’uomo, Righetto appunto, che secondo i legali della famiglia della vittima, serbava già dentro di sè il desiderio di uccidere: quello che evocano le frasi, inquietant­i, che sono state ritrovate nel suo pc e scritte pochi giorni prima il delitto, come «Ero eccitato al solo pensiero di prendere qualcuno a coltellate, uomo o donna che fosse, doveva morire… Avrei continuato a colpire fino allo sfinimento e poi sarei stato arrestato poche ore più tardi». E ancora: «Stamani ho ben chiare le modalità da seguire per scegliere il bersaglio, quando e soprattutt­o dove colpire», e poi «mia moglie vuole rovinarmi la vita, fare in modo che ricominci a bere o che la picchi a sangue per farmi finire dietro le sbarre e ottenere così un divorzio immediato e più vantaggios­o».

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