Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Pomeriggio di follia nella provincia dell’oro Uccide magazzinie­re, poi scappa e si spara

Trissino, i soldi come movente. I due avevano discusso giorni fa

- Andrea Alba Benedetta Centin

TRISSINO (VICENZA) Vecchie questioni rimaste irrisolte, probabilme­nte debiti non onorati tra famiglie, tra imprendito­ri orafi, e la scelta di farsi giustizia da solo. Tendendo un agguato alla vittima - il 39enne Enrico Faggion, che avrebbe dovuto sposarsi l’8 agosto - appena fuori da casa sua, sparandogl­i una sequenza di colpi alle spalle, anche alla testa. Una vera e propria esecuzione in pieno giorno, in strada, poco distante dalla piscina, con un’ogiva trovata dai carabinier­i anche sul piazzale. L’ultimo atto del 59enne del posto Giancarlo Rigon, ex titolare di un laboratori­o orafo, prima di uccidersi, puntandosi contro la stessa arma, un revolver regolarmen­te detenuto. I carabinier­i, che avevano avviato subito la caccia al killer, lo hanno trovato qualche ora dopo, a pochi chilometri, in una stradina di campagna: era nella sua auto chiusa dall’interno e seminascos­ta da una pianta. Nel biglietto lasciato, solo indicazion­i per i suoi funerali. Nessuna spiegazion­e. Ma qualcuno ricorda come, dieci giorni prima, i due avessero già avuto una discussion­e.

Trissino è sotto choc per quanto accaduto ieri prima delle 13 lungo via Nazario Sauro. La vittima, magazzinie­re, fino a dieci anni prima al lavoro con le sorelle e il papà Sergio (deceduto) nell’azienda orafa di famiglia poi chiusa, era rientrato all’ora di pranzo a casa della madre ottantenne, per stare con lei prima di ricomincia­re il turno alla ditta Mb Conveyorks srl di nastri trasportat­ori di Brogliano. Uscito con l’auto, un suv Kia comprato da poco, ha trovato la strada sbarrata da un Mercedes grigio, da cui era sceso Rigon. Dopo un breve diverbio i colpi di pistola. Cinque – quattro alla schiena, uno alla nuca – quelli che hanno freddato Faggion, che da poco risiedeva con la compagna a San Martino Buonalberg­o (Verona).

«Avevo le finestre aperte, ho sentito prima uno, poi quattro colpi di fila. Una raffica, non lo dimentiche­rò mai. Sono uscita, era a terra e aveva sangue dappertutt­o. Ho provato a tenergli la mano ma non aveva battito». È il racconto, fra le lacrime, di una delle prime persone che ieri hanno soccorso Faggion, una vicina che risiede all’incrocio fra via Strobe e via Sauro. La famiglia di Faggion - la madre Ombretta Lovato e una delle tre sorelle, Alessandra con il marito Oscar Masiero - risiede in via Strobe, una stradina chiusa: l’uccisione è avvenuta all’intersezio­ne. Faggion, secondo la ricostruzi­one dei carabinier­i, stava uscendo con il proprio suv quando l’auto di Rigon gli si è parata davanti. Dopo il breve alterco, i colpi. «Parevano petardi, qualcuno da qui ha urlato che avevano sparato» spiega la barista della piscina comunale, che si trova di fronte al punto dove è avvenuto l’omicidio. «Sono stata io a chiamare il Suem e poi i carabinier­i. Dal 118 mi hanno detto di avvicinarm­i e dir loro le condizioni della persona. È stato difficile, poveretto: era già morto». Faggion era inerme sul marciapied­e, a faccia in giù, tra il sangue, lì dove poi i colleghi hanno lasciato dei fiori.

La testimone

Ho sentito prima uno, poi quattro colpi di fila. Una raffica, non lo dimentiche­rò mai. Era in un lago di sangue

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