Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Pomeriggio di follia nella provincia dell’oro Uccide magazziniere, poi scappa e si spara
Trissino, i soldi come movente. I due avevano discusso giorni fa
TRISSINO (VICENZA) Vecchie questioni rimaste irrisolte, probabilmente debiti non onorati tra famiglie, tra imprenditori orafi, e la scelta di farsi giustizia da solo. Tendendo un agguato alla vittima - il 39enne Enrico Faggion, che avrebbe dovuto sposarsi l’8 agosto - appena fuori da casa sua, sparandogli una sequenza di colpi alle spalle, anche alla testa. Una vera e propria esecuzione in pieno giorno, in strada, poco distante dalla piscina, con un’ogiva trovata dai carabinieri anche sul piazzale. L’ultimo atto del 59enne del posto Giancarlo Rigon, ex titolare di un laboratorio orafo, prima di uccidersi, puntandosi contro la stessa arma, un revolver regolarmente detenuto. I carabinieri, che avevano avviato subito la caccia al killer, lo hanno trovato qualche ora dopo, a pochi chilometri, in una stradina di campagna: era nella sua auto chiusa dall’interno e seminascosta da una pianta. Nel biglietto lasciato, solo indicazioni per i suoi funerali. Nessuna spiegazione. Ma qualcuno ricorda come, dieci giorni prima, i due avessero già avuto una discussione.
Trissino è sotto choc per quanto accaduto ieri prima delle 13 lungo via Nazario Sauro. La vittima, magazziniere, fino a dieci anni prima al lavoro con le sorelle e il papà Sergio (deceduto) nell’azienda orafa di famiglia poi chiusa, era rientrato all’ora di pranzo a casa della madre ottantenne, per stare con lei prima di ricominciare il turno alla ditta Mb Conveyorks srl di nastri trasportatori di Brogliano. Uscito con l’auto, un suv Kia comprato da poco, ha trovato la strada sbarrata da un Mercedes grigio, da cui era sceso Rigon. Dopo un breve diverbio i colpi di pistola. Cinque – quattro alla schiena, uno alla nuca – quelli che hanno freddato Faggion, che da poco risiedeva con la compagna a San Martino Buonalbergo (Verona).
«Avevo le finestre aperte, ho sentito prima uno, poi quattro colpi di fila. Una raffica, non lo dimenticherò mai. Sono uscita, era a terra e aveva sangue dappertutto. Ho provato a tenergli la mano ma non aveva battito». È il racconto, fra le lacrime, di una delle prime persone che ieri hanno soccorso Faggion, una vicina che risiede all’incrocio fra via Strobe e via Sauro. La famiglia di Faggion - la madre Ombretta Lovato e una delle tre sorelle, Alessandra con il marito Oscar Masiero - risiede in via Strobe, una stradina chiusa: l’uccisione è avvenuta all’intersezione. Faggion, secondo la ricostruzione dei carabinieri, stava uscendo con il proprio suv quando l’auto di Rigon gli si è parata davanti. Dopo il breve alterco, i colpi. «Parevano petardi, qualcuno da qui ha urlato che avevano sparato» spiega la barista della piscina comunale, che si trova di fronte al punto dove è avvenuto l’omicidio. «Sono stata io a chiamare il Suem e poi i carabinieri. Dal 118 mi hanno detto di avvicinarmi e dir loro le condizioni della persona. È stato difficile, poveretto: era già morto». Faggion era inerme sul marciapiede, a faccia in giù, tra il sangue, lì dove poi i colleghi hanno lasciato dei fiori.
La testimone
Ho sentito prima uno, poi quattro colpi di fila. Una raffica, non lo dimenticherò mai. Era in un lago di sangue