Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il killer avrebbe ucciso per 60mila euro
Trissino, le indagini sull’omicidio-suicidio continuano. Il debito era un’ossessione
TRISSINO «Dammi i soldi, li voglio». Ogni volta, per anni, era la stessa, esasperante richiesta. Una piazzata ad alta voce, anche in mezzo alla gente, perché tutti sapessero di quel presunto debito che avrebbe vantato nei confronti della famiglia Faggion. Per Giancarlo Rigon quei soldi da incassare 60mila euro circa – erano diventati molto più di un’ossessione. Quella che venerdì lo ha portato a sparare a Enrico Faggion, prima di uccidere anche se stesso.
TRISSINO «Dammi i soldi, li voglio, mi spettano». Ogni volta – e sarebbe stato così per anni - era la stessa, esasperante richiesta. Una piazzata, una scenata ad alta voce, anche in mezzo alla gente, perché tutti sapessero di quel presunto debito che avrebbe vantato nei confronti della famiglia Faggion. Per Giancarlo Rigon, ex imprenditore orafo di Trissino, quei soldi da incassare – secondo voci 120 milioni delle vecchie lire, 60mila euro circa – erano diventati molto più di un’ossessione, una ragione di vita. Quella che venerdì si è arrogato il diritto di togliere a colui che considerava il suo debitore - a cui aveva atteso un agguato fuori dalla casa della madre - e poi a se stesso, puntandosi contro la stessa arma. Il 59enne, ex orafo, avrebbe tormentato per anni l’ultima volta solo pochi giorni fa - Enrico Faggion, l’unico erede maschio della famiglia titolare, fino ad una decina di anni fa, di un’azienda di preziosi a Trissino con negozio a Castelgomberto. Quello a cui avrebbe dato in conto visione dei suoi gioielli anche nel 2005, quando il punto vendita fu rapinato. E dopo di allora aveva preteso la sua parte di quanto l’assicurazione aveva risarcito. E ha continuano a tediare Faggion junior (il padre Sergio nel frattempo è morto). Lo ha fatto anche venerdì mattina, dopo essere stato al suo solito bar in centro, forse ancora più convinto a battere cassa sapendo che il magazziniere 39enne aveva da poco cambiato auto e che si stava per sposare (il matrimonio, il secondo, l’8 agosto in Basilicata). Ma due giorni fa Rigon aveva un’arma con sé.
Non è dato sapere se volesse solo minacciare o se era convinto ad uccidere Faggion quando gli ha sbarrato la strada dopo averlo visto uscire dalla casa dell’anziana madre Ombretta, pronto a tornare al lavoro dopo il pranzo. Quasi di certo deve averlo tediato ancora una volta con la richiesta di soldi, «i schei», durante la discussione innescata in strada, a due passi da casa. E se Faggion ha accettato di scendere dal Suv è perché – viene da pensare – il killer non gli aveva mostrato l’arma, una pistola Smith & Wesson calibro 28. Il 59enne l’avrebbe impugnata solo quando la vittima gli ha dato le spalle, e allora è partita la raffica di cinque colpi, uno dei quali alla nuca. Gliene sarebbe bastato invece uno solo per togliersi la vita una volta raggiunta una stradina di campagna, a pochi chilometri da lì, ed essersi chiuso in auto da dentro, lasciando un biglietto in cui scriveva solo di voler essere cremato.
«Rigon? Non ho mai saputo di lui, dei soldi che pretendeva, Enrico non mi aveva mai raccontato nulla di questa faccenda, mai» è quanto avrebbe detto ai carabinieri che stanno indagando sull’omicidiosuicidio la compagna della vittima, la fidanzata Sabrina Cuccarese con cui conviveva già da qualche settimana nel Veronese, a San Martino Buon Albergo. La giovane, rientrata dalla Basilicata dove stava ultimando gli ultimi preparativi del matrimonio, è distrutta, inconsolabile, e non riesce a darsi pace: in pochi attimi la sua vita è stata stravolta, scippata dal suo grande amore, dai suoi sogni di una vita a due, lei che su Facebook aveva pubblicato il conto alla rovescia per il fatidico giorno del sì. «Anche la luna s’è messa a lutto per te amore mio» ha scritto ieri su Facebook, in riferimento all’eclissi di luna e al delitto.
Disperate anche le tre sorelle e la mamma, sentite dai carabinieri del nucleo investigativo di Vicenza, coordinati dal pm Augusto Corno che ha aperto un’inchiesta. «Sapevano dei rapporti tesi con Rigon ma non immaginavamo arrivasse ad uccidere il nostro Enrico – avrebbero riferito - lui forse non ci raccontava di volta in volta delle richieste pressanti, forse per non farci preoccupare, del resto è sempre stato molto buono, ci voleva molto bene».
Ma sono ancora tanti gli aspetti su cui i militari dovranno scavare.
«Bisogna stare vicino alle famiglie – le parole del sindaco di Trissino Davide Faccio – stiamo valutando se indire il lutto cittadino»