Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Noi pronti a rinnovare solo 2 contratti su dieci»
Nelle ore in cui si dibatte aspramente in parlamento del decreto Dignità, Assindustria Venetocentro torna ad ammonire sul tema. Questa volta lo fa con un sondaggio. Trecento sette gli imprenditori interpellati dall’associazione territoriale che riunisce Padova e Treviso. Il risultato è che solo due imprese su 10, con il nuovo decreto, manterrebbero i contratti a termine.
VENEZIA Nel giorno in cui il reinserimento dell’articolo 18 proposto da Leu è stato bocciato dall’aula (M5s incluso con code di polemiche), dal Veneto continua il fuoco di fila per smuovere il governo legastellato sulle modifiche al decreto Dignità. A tirare fuori l’artiglieria pesante, anche questa volta, è la battagliera Assindustria Venetocentro con i vertici Massimo Finco e Maria Cristina Piovesana. Secondo un sondaggio della «doppia» territoriale di Confindustria che ha interpellato, dal 25 al 30 luglio, 307 imprenditori veneti, il 63% dei contratti a termine in regione sarebbe a rischio. Tradotto, solo due imprenditori su dieci li confermerebbero se il dl voluto da Luigi Di Maio dovesse passare. «Il decreto danneggia chi si vorrebbe tutelare, lavoratori e giovani, non solo le imprese. C’è ancora tempo. Governo e parlamento non siano sordi e cambino», questo l’appello dell’associazione che, questa volta, mette in fila i numeri.
Il 21,8% dei lavoratori a termine assunti dalle aziende (e il 29% di quelli in somministrazione), non verrà con certezza confermato o prorogato e sarà invece sostituito dal turnover. Questo l’esito del sondaggio, ma il cono d’ombra secondo gli industriali sarebbe ben più largo e si proietta sul 63,7% dei contratti a termine in essere (e il 70,6% di quelli in somministrazione): rapporti di lavoro che «avrebbero potuto essere prorogati o rinnovati» con le vecchie regole, ma ora sono appesi a un filo (esile) «per effetto delle limitazioni imposte dal decreto Dignità». Sul banco degli imputati, per le imprese venete restano la riduzione da 36 a
24 mesi della durata massima dei contratti a termine, l’obbligo delle causali in caso di rinnovo o superamento dei 12 mesi, costi addizionali e incertezza normativa. Insomma, il decreto «va nella direzione opposta rispetto alle intenzioni del governo e danneggia anche, e soprattutto i lavoratori non solo le imprese. Specialmente i giovani» ammonisce Confindustria.
Una spada di Damocle su cui Finco e Piovesana pongono l’accento quella dei posti di lavoro in bilico. E le 307 aziende del campione occupano attualmente 31.349 addetti, di cui 2.344 a termine (7,5%) e
2.129 in somministrazione
” D’Incà (M5s) Ma nel provvedimento i voucher sono ripristinati e si sono introdotti sgravi previdenzia li per 3 anni sulle assunzioni a tempo indetermina to under 35
(6,8%), in linea con l’Italia e molto inferiore rispetto agli altri Paesi europei. E in Veneto l’incidenza delle trasformazioni a tempo indeterminato dei tempi determinati sfiora il
37%. Grido d’allarme anche dagli alimentaristi artigiani che dicono: «Nessuna speranza per le nostre imprese che sono nella terra di mezzo, né agricole né commerciali. Siamo pasticceri, panificatori, chi si occupa di lavorazione carni e caseari ma anche birrai e ristoratori. Lavoriamo a stretto contatto con il turismo ma dai voucher siamo esclusi». Difende l’ultima versione del decreto, invece, il parlamentare pentastellato Federico D’Incà che sottolinea la presenza di sgravi previdenziali per 3 anni nelle assunzioni a tempo indeterminato di under 35.