Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Fip Industriale, saltano 96 posti Chiesto il concordato in bianco
Colpita l’edilizia. In ballo un credito di 9 milioni per le cerniere del Mose
La comunicazione ufficiale è arrivata martedì nel tardo pomeriggio con una mail che, dall’oggetto, lasciava poco spazio all’immaginazione: «Apertura di procedura di licenziamento collettivo». È così che la dirigenza di Fip Industriale, storica azienda di Selvazzano Dentro (Padova) che produce e impianta giunti per ponti e viadotti e dispositivi antisismici, legata al gruppo della famiglia Chiarotto, ha comunicato quello che per settimane sindacati e rsu hanno cercato di evitare: il licenziamento di 96 dipendenti del ramo edile.
A primavera inoltrata, infatti, la dirigenza, in mano a Donatella Chiarotto, aveva annunciato lo smembramento dei due rami dell’azienda, quello edile e quello meccanico. E se quest’ultimo, con 115 lavoratori, era confluito in una newco, la Fip Mec, per i 96 dipendenti del settore edile la strada era tutta in salita. Finché, martedì sera, la novità messa nero su bianco: «La società comunica l’intenzione di procedere al licenziamento per riduzione di personale di cui 51 operai e 42 impiegati, due quadri, un dirigente su un totale di forza di 132». Tutto questo, si legge ancora nella lettera, è dovuto a una crisi del settore edile che risale agli anni 2010-2011, con la realizzazione di commesse importanti come il ponte sul Po a Piacenza o la copertura dello Juventus Stadium, chiuse con marginalità negative. I problemi sono proseguiti negli anni successivi e hanno portato, già lo scorso anno, al licenziamento di 75 dipendenti. «Le cause di detta crisi — spiega ancora l’azienda — erano riconducibili alla caduta di domanda nel mercato nazionale, nel quale la realizzazione di nuove opere stradali e ferroviarie in cui trovano impiego i dispositivi prodotti da Fip Industriale è sostanzialmente fermo, ma trovavano ragioni anche in una congiuntura internazionale del settore».
A questo, poi, si aggiunge lo scandalo del Mose che ha portato al commissariamento del Consorzio Venezia Nuova, anche se in realtà proprio nei giorni scorsi uno degli amministratori straordinari aveva tessuto le lodi di Fip di fronte alla commissione Ambiente della Camera. «Stiamo pagando gli stipendi ai dipendenti Fip pur di farli lavorare - aveva detto Giuseppe Fiengo - È l’unica impresa che sta veramente lavorando, solo che ha un credito di 9 milioni verso il consorzio di cui fa parte». Cioè il Covela, guidato da Mantovani stessa. In realtà nella stessa lettera dell’azienda si dice che il «ramo Mose» resta, anche se in realtà occupa solo 9 operai: ci sono commesse in corso sia per sistemare il jack-up (la nave del Mose) che per l’installazione delle paratoie, idem per il futuro.
Per cercare di risollevare le sorti di una delle più importanti aziende del Padovano e del Veneto, quindi, la famiglia Chiarotto aveva optato per una riorganizzazione della società, con lo smembramento del settore metalmeccanico, che avrebbe continuato a lavorare una volta ceduta a una nuova società, da quello edile. Negli ultimi due mesi, però, i sindacati hanno lamentato la mancanza di garanzie per i dipendenti del comparto, e le loro paure si sono concretizzate due giorni fa. «Dal 27 giugno abbiamo incalzato l’azienda sul doppio versante del pagamento degli arretrati degli stipendi — spiega Dario Verdicchio della Fillea Cgil — e di quello della mancanza di certezze. Dopo aver disertato l’incontro del 27 luglio in Regione, almeno l’azienda ha saldato il mese e mezzo di arretrati. E poi martedì questa notizia».
Quando si è saputo dei licenziamenti, gli operai metalmeccanici hanno deciso di scioperare in solidarietà ai colleghi, mentre i loro rappresentanti incontravano la dirigenza. «Abbiamo così saputo che domani (oggi, ndr), l’azienda depositerà in tribunale a Padova una richiesta di concordato in bianco — spiega ancora Verdicchio —. Questo complica le cose, visto che per trattare sul destino dei lavoratori dovremo aspettare la nomina di un commissario da parte del giudice che, presumibilmente, non avverrà prima di settembre. Abbiamo chiesto la sospensione della procedura di mobilità almeno finché non verrà nominato un commissario». Una procedura che ha fatto storcere il naso ai delegati della Uilm, anche loro presenti ieri mattina all’incontro con l’azienda. «Una richiesta del genere potrebbe solo rimandare il licenziamento — chiarisce Davide Crepaldi, segretario padovano della Uilm —. La richiesta del concordato potrà tutelare in cantieri, in vista di una probabile cessione a compratori. Noi invece puntiamo a portare avanti la trattativa, lottando per ammortizzatori sociali».