Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Safilo, quei quattro anni perduti tentando di sostituire le griffe

I piani Delgado azzerati da Trocchia. In Borsa bruciati 600 milioni di valore

- di Federico Nicoletti

PADOVA Safilo e i quattro anni della sfida fallita di fare senza le grandi griffe. Il colosso francese del lusso Kering che si riprende, a settembre 2013, i marchi in licenza per fare da sola gli occhiali, equivalent­i a

250 milioni di ricavi a rischio per Safilo solo con Gucci? «Non siamo spaventati. Tutti dicono cambia il mondo dell’occhialeri­a; io non vedo questo cambiament­o». L’altro big francese Lvmh che fa il bis, a febbraio 2017, nella joint-venture Thelios con Marcolin, con licenze che per Safilo valgono 300 milioni in scadenza tra 2020 e 2024? «Le licenze vengono e vanno, la manovra Lvmh non cambia la nostra scelta. Safilo è preparata ai mancati rinnovi».

Le due dichiarazi­oni sono di Luisa Delgado, l’ex amministra­tore delegato del produttore veneto di occhiali in mano al fondo olandese Hal. La manager svizzera che Hal aveva chiamato cinque anni fa per sostituire Roberto Vedovotto, lo storico amministra­tore delegato che aveva salvato l’azienda dal baratro nel

2008, di fatto trovando Hal come nuovo proprietar­io. Era stata proprio la Delgado ad allestire, se mesi dopo la mossa di Kering, che aveva affidato proprio a Vedovotto la sua nuova azienda per gli occhiali, ad allestire il piano industrial­e che proiettava la Safilo senza Gucci a ricavi per 1,6 miliardi nel 2020 rispetto agli

1,2 del 2014, puntando di fatto sul quasi raddoppio dei marchi di proprietà (Polaroid, Carrera e Smith). Ci sono voluti quattro anni a Safilo per prendere atto che invece il mondo degli occhiali era cambiato e del sostanzial­e fallimento della strategia della Delgado di tirar dritto, sostenendo di poter parare i contraccol­pi delle mosse dei colossi del lusso (senza contare la fusione Luxottica-Essilor).

La pietra tombale l’ha messa ora Angelo Trocchia, il manager ex Unilever chiamato ad aprile a sostituire la Delgado. Che non ha potuto che prendere atto della situazione: i 10 milioni persi nel solo primo semestre 2018, il debito in aumento di 60 in un anno e il fatturato in ulteriore calo del 4%, che proietta a fine anno i ricavi Safilo sotto il miliardo, a 973 milioni rispetto ai 1.035 del 2017, a cambi correnti. E con un bagno di realismo, il piano industrial­e proietta i ricavi al 2020 a 1.020 milioni, sotto i 1.047 del 2017, l’anno nero archiviato con perdite per 251 milioni. E il ritorno all’equilibrio dei conti è affidato ad un piano di tagli di spese da 70 milioni in due anni, che ha significat­o il ritorno dello spettro dei tagli sui posti di lavoro, settemila dipendenti, di cui tremila nelle sedi nordestine di Padova, Santa Maria di Sala, Longarone e Martignacc­o. E che deve disinnesca­re il rischio di una Keringbis, evitando che le griffe Lvmh, a partire da Dior, vengano ritirate e finiscano alla Thelios a cui è già stata trasferita Celine. «Dobbiamo dimostrare a Dior che Safilo è ancora la contropart­e giusta», ha confermato Trocchia ora la scorsa settimana, presentand­o il suo piano industrial­e.

Pietra tombale sui piani di Delgado, naufragati un colpo dopo l’altro. Di fronte all’affermazio­ne che tutto era previsto, cosa sia valso la perdita di Gucci lo si è capito dai conti

2017, i primi con la griffe passata da licenza a pura produzione: 155 milioni di ricavi in meno. E con la tanto evocata ripresa dei marchi di casa che non si materializ­za. «Dovevamo compensare le perdite di Gucci per un terzo con la crescita dei nostri marchi. Non ci siamo riusciti:il calo è stato di

40 milioni», aveva sintetizza­to i conti 2017 il capo della finanza, Gerd Grähsler, ad aprile in assemblea soci. Il tutto dopo infortuni pesanti, come il nuovo magazzino automatico avviato a inizio 2017 finito in tilt, costato il 20% di vendite in meno nel primo trimestre.

La sintesi più rapida del crollo degli ultimi anni, alla fine la fa sempre la Borsa. Nel

2013 il titolo della Safilo guidata da Roberto Vedovotto, partendo da 6,72 euro, era balzato a 16 euro a giugno. Effetto di un’azienda rimessa in sicurezza e che aveva superato lo choc della perdita della licenza Armani, passata a Luxottica, che da sola valeva il

20% dei ricavi. La messa alla porta di Vedovotto e l’arrivo di Delgado aveva fatto scendere il titolo a 13,5 euro. Comunque un altro mondo. Da allora il titolo è caduto fino ai 4,06 euro di ieri. Perdendo il 25% il giorno dell’annuncio di Kering e il 7,5% in quello di Lvmh. Il valore attribuito dalla Borsa alla società è di 251 milioni. All’arrivo della Delgado era di 834. «In un solo triennio siete riusciti in un’impresa epica: fare oltre 500 milioni di perdite e far crollare il valore in Borsa di 600», aveva sintetizza­to la situazione rivolto al cda, un piccolo socio, Andrea Maramotti, nell’ultima assemblea dei soci. Tocca ora a Trocchia tirar fuori la Safilo da questo baratro.

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Svolta La sede Safilo di Padova: il nuovo piano industrial­e ridimensio­na i piani al 2020

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