Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
PREVENIRE A BORDO
L’Italia, si sa, non è un Paese attento alla prevenzione. Siamo straordinari nella risposta alle emergenze (come ha dimostrato anche la tragedia dell’altro ieri sull’A14 causata da un’autobotte piena di gas alla cui guida c’era un camionista vicentino morto nell’inferno di fiamme) ma terribilmente incuranti a come sia possibile prevenirle. Si tratti di terremoti, frane, alluvioni o incidenti di qualsiasi natura. Un amico mi ha raccontato che sulla multa consegnatagli da un agente dell’highway patrol canadese per il superamento del limite di velocità (andava a 85 all’ora
– in autostrada! – ma c’era il limite dei 70), erano indicati 5 possibili strumenti di rilevazione, inclusi aeroplano e elicottero. Pure negli Usa i controlli del traffico sono capillari e non certo per ragioni umanitarie: in un convegno di alcuni decenni fa, un esperto americano di trasporti spiegava che i governi dei vari Stati destinano ingenti risorse alla polizia stradale sulla base di un puro calcolo economico. Le autorità, infatti, considerano il costo dei sinistri relativi al soccorso, alle cure mediche, all’assistenza di chi riporta lesioni permanenti, alla riparazione delle infrastrutture, al blocco della circolazione di persone e merci.
La conclusione è che ogni dollaro speso per i pattugliamenti ne fa risparmiare molti di più. È chiaro che, sull’asfalto, il «rischio zero» è per il momento un’utopia. Stando ai filmati che hanno immortalato la tragedia dell’A14, peraltro, potrebbero non esserci state condotte imprudenti (un malore?). In attesa che l’inchiesta faccia il suo corso, tuttavia, è utile ricordare che la ricerca dell’industria automobilistica ha ottenuto risultanti importanti sul fronte della prevenzione. Oggi, perfino veicoli di media cilindrata offrono (a volta addirittura di serie) dispositivi che diminuiscono di molto il pericolo di incidenti. Il «lane assist», ad esempio, è un sistema di assistenza alla guida che avverte il conducente (con una vibrazione del volante, un segnale sul quadro strumenti o un allarme sonoro, ma spesso anche correggendo la rotta) quando supera la linea di delimitazione della corsia di marcia. Altri sistemi di assistenza, invece, intervengono per mantenere la distanza di sicurezza sia alle basse sia alle alte velocità: oltre a lanciare avvisi acustici e visivi, la macchina reagisce autonomamente, frenando da sola. Ci sono poi i rilevatori di stanchezza che sono in grado di consigliare una pausa registrando le anomalie dei dati relativi all’angolo di sterzata e ad altri fattori; alcuni aggiungono una telecamera che rileva il battito delle palpebre del guidatore per misurarne il grado di vigilanza.
Come avvertiva opportunamente sul Corriere di ieri Michele Crisci, presidente di Volvo Italia (che ha la sede a Bologna) e dell’Unrae (l’associazione delle Case estere in Italia), «non è il caso di speculare», dovendo ancora capire esattamente cosa abbia provocato il dramma in mezzo alla città, ma certo la «guida autonoma» oggi disponibile consente di aumentare di molto la sicurezza dei viaggi. Senza contare quelli provenienti dall’estero, secondo Eurostat ogni anno sono circa tre milioni e mezzo i camion che trasportano in Italia merci pericolose. Una normativa europea, continuamente aggiornata, fissa prescrizioni particolari sia per i mezzi sia per i conducenti che devono avere un certificato di formazione professionale specifico. Visti i rapidi progressi dell’innovazione tecnologica, però, è il caso di rendere più frequente la revisione della dotazione obbligatoria per i veicoli che costituiscono una minaccia.