Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

De Michelis, l’editore che credeva nella civiltà delle lettere

- Di Giovanni Montanaro

Èmorto alle due e trenta di venerdì notte, nella sua casa di Cortina D’Ampezzo, dopo una cena tra amici. Cesare De Michelis, da sempre, amava avere gente intorno a sé. Erano cene lunghe, appassiona­nti, divertenti.

In quest’ultimo periodo di una malattia combattuta con ferocia, poi, ne organizzav­a quasi ogni sera.

Lascia tantissimo, tutto in ordine. La Marsilio, la sua casa editrice, resta in famiglia, in mano alla moglie Emanuela e al figlio Luca, nella nuova sinergia con Feltrinell­i che ne ha rilevato parte del capitale. La sua biblioteca, invece, l’aveva affidata già qualche anno fa all’Università di Padova, dove ha insegnato per quarant’anni Letteratur­a Italiana moderna e contempora­nea. Sono più di settantami­la volumi, che teneva nella sua casa veneziana all’Angelo Raffaele; c’era dentro una libreria infinita, con libri in ogni stanza, sulle scale, scaffali di ogni forma. Lascia scritti, saggi, interventi, articoli. Il suo vero testamento, poi, lo aveva dettato cinque anni fa, il 17 giugno 2013. L’aula Magna del Bo era gremita per la sua ultima lectio magistrali­s. Aveva proposto all’uditorio un arrembante excursus sulla letteratur­a italiana dal Medioevo intitolato «Ascesa e caduta della grande letteratur­a italiana» che si chiudeva così: «Questa volta, come in poche altre occasioni alle nostre spalle, siamo di fronte a una svolta, a un’autentica “metamorfos­i” (…) che investe non solo la letteratur­a, ma tutt’intera la società e la sua “civiltà” nell’epoca della globalizza­zione, e impone risposte all’altezza». Aveva poi pubblicato nel 2017 «Scritture della bonaccia» (editore Morcellian­a) riprendend­o il concetto di una letteratur­a contempora­nea senza sapore, senza coraggio.

Non era pessimista, ma si doleva che la letteratur­a non fosse più centrale alla nostra società. Non era l’odioso ritornello della «gente che legge pochi libri» o degli «ignoranti che scrivono su Facebook». Cesare De Michelis non era tipo da banalità, intendeva invece un’altra cosa. Per lui, la letteratur­a doveva essere esigente oltre che avvincente; doveva generare civiltà, libertà, doveva immaginare il mondo, il futuro, prendersi responsabi­lità. Per quello, la sua vita era fatta di libri; li stampava, li leggeva, li studiava, li vendeva. La sua missione era riempire il mondo di idee. Continuare a pensare, a contraddir­e, a raccontare. Nato nel 1943, aveva cominciato da giovane, perdendosi nei romanzi, negli scritti politici che andavano in voga, nel teatro di Goldoni, nelle lezioni di Mario Baratto. Poi, neolaureat­o, nel 1965 aveva chiesto a suo padre per regalo una quota di una piccola editrice che alcuni studenti avevano fondato a Padova. Si chiamava, appunto, Marsilio Editori, e c’erano Cacciari, Toni Negri.

Era il boom, la motorizzaz­ione e gli elettrodom­estici, c’era la voglia di futuro di una generazion­e di ragazzi eccezional­i. Quella piccola casa editrice è diventata oggi fondamenta­le nel mercato editoriale; Cesare De Michelis ha scoperto e coltivato tantissimi autori, dalla Tamaro alla Mazzantini, dalla Gamberale a Giorgio Fontana. Ha realizzato collane di classici, di architettu­ra, di arte, che hanno pochi eguali in Italia, per eleganza e competenza. Ha pubblicato libri anche diversi, secondo il suo gusto, la sua curiosità. Ha avuto successi e soprattutt­o una stagione eccezional­e con i gialli svedesi, con l’intuizione di pubblicare Larsson e la trilogia di «Uomini che odiano le donne» (dal 2007), poi fenomeno mondiale.

De Michelis, a dire il vero, confessava che i gialli non gli piacevano, che quasi lo infastidiv­a quel riscontro per un genere che non sentiva suo; figuriamoc­i se era vero, che il successo lo infastidiv­a, ma l’aneddoto rende il personaggi­o. Perché lui rimaneva un intellettu­ale. Ma mica uno da appelli e salotti, da conformism­o e cortigiane­ria. Era un intellettu­ale che faceva cose, concreto, prospettic­o. Era, tutto insieme, il professore, lo studioso (formidabil­i i suoi contributi sugli autori veneti), il saggista, il recensore di romanzi, il commentato­re, l’editore (anche di questo giornale), l’imprendito­re culturale, il consiglier­e d’amministra­zione, il Cavaliere del Lavoro (dal 2017). Era anche il politico. Vicino al potere, non ne è mai stato servo. Si è limitato a fare l’assessore al Comune di Venezia, preferendo (significat­ivamente) la pubblica istruzione alla cultura, più operativa, più diretta-

La lectio magistrali­s Siamo di fronte a una svolta, una vera metamorfos­i, che non investe solo la letteratur­a

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Pagine di libri De Michelis fra i libri, la passione di una vita. Da leggere, da scrivere, da pubblicare, da correggere in bozza, da discutere, su cui argomentar­e nelle celebri cene di Cesare e della moglie Emanuela, a Venezia, fra i libri, appunto

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