Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Immigrati, respingime­nti triplicati Le questure: almeno 150 all’anno

- Di Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Sono triplicate in Veneto, rispetto al 2016, le espulsioni degli stranieri irregolari o colpevoli di reato. Secondo gli ultimi dati diffusi in occasione della festa dalla polizia di Stato, tale misura viene adottata dalle questure a carico di tre immigrati a settimana, per una media di 140/150 soggetti accompagna­ti ai Centri di Permanenza per i rimpatri (CRT) o direttamen­te rimandati al Paese d’origine ogni anno. Stando al report diffuso tre giorni fa dal ministero dell’Interno, nei primi sei mesi del 2018 i reati compiuti dagli stranieri sono aumentati del 4% e tra quelli più contestati figurano violenze sessuali (+5,7%), rapine (+5,7%), furti (+5,1%), truffe e frodi informatic­he (+4,3%), e spaccio (+5,2%).

L’espulsione può essere di due tipi: amministra­tiva, cioè disposta dal Viminale per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, oppure dal prefetto, per irregolari­tà dell’ingresso o del soggiorno, o per pericolosi­tà sociale; e giudiziari­a, ovvero disposta dal giudice dopo una condanna. In entrambi i casi eseguire il provvedime­nto per le questure, sempre più a corto di uomini e mezzi, non è semplice. «Spesso non disponiamo di tutte le indicazion­i necessarie a certificar­e l’identità dello straniero e quindi siamo costretti ad accompagna­rlo ai CRT, solo tre per tutta Italia — spiegano dalla questura di Vicenza, che rispetto al 2016 registra un 150% in più di espulsioni — sono a Torino, Brindisi e Caltanisse­tta. Bisogna aspettare che si liberino dei posti, per esempio venerdì abbiamo potuto organizzar­e una missione a Torino. Ma ogni volta significa impiegare due poliziotti o più per straniero, a seconda del grado di pericolosi­tà dello stesso, arrivando a inviare almeno cinque agenti quando sia necessario trasferirn­e un gruppo di tre o quattro. L’impegno cresce, anche economicam­ente, nel caso di extracomun­itari già identifica­ti e quindi da riportare nel Paese d’origine». Eventualit­à abituale, che implica il costo del biglietto aereo (le destinazio­ni più frequenti sono Senegal, Nigeria e Marocco) per poliziotti e immigrati, perché in genere le compagnie aeree non accettano i soggetti da rimpatriar­e se non scortati dalle forze dell’ordine. E poi ci sono le spese di trasferime­nto e mantenimen­to fino a destinazio­ne, oltre alla rinuncia ad agenti per oltre due giorni, anche perché al ritorno hanno diritto al riposo.

Non meno oneroso il rimpatrio volontario, motivato dal desiderio dell’extracomun­itario di sfruttare le conoscenze profession­ali acquisite in Italia o di tornare indietro perché qui non ha trovato ciò che cercava: il nostro governo sborsa incentivi per il rientro. Se invece il rimpatrio è «forzato», va ricordato che nessun Paese può essere obbligato a «riprenders­i» i propri cittadini emigrati. Per «rimandarli a casa loro» è necessario l’accordo con gli Stati d’origine, non sempre possibile. A tutto ciò vanno aggiunti i 19.321 richiedent­i asilo — il 55% dei 39.034 transitati in Veneto dal 2014 — ai quali le commission­i prefettizi­e hanno negato il riconoscim­ento di profugo e di cui si sono perse le tracce.

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