Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I 150 migranti a carico della Chiesa. «Ma parte dei preti sta con Salvini»

- Di Giovanni Viafora

«Non abbiamo richieste di ospitalità dei profughi della Diciotti da parte di Diocesi venete», dice la Cei. La nostra Chiesa, tuttavia, è in prima linea sul fronte accoglienz­a: qui ci sono già 150 migranti interament­e a carico della comunità. «Non è facile - afferma però don Callegari della Caritas (foto) - parte del clero è con Salvini».

VENEZIA «Al momento non ci sono Diocesi del Veneto che ci abbiano chiesto espressame­nte di poter accogliere nelle proprie strutture parte dei profughi sbarcati dalla nave Diciotti. Al momento, almeno...». Così ci riferiva ieri sera l’ufficio comunicazi­one della Cei, la Conferenza episcopale italiana, che nei giorni scorsi, come si sa, si è accollata l’ospitalità di cento dei 177 migranti sbarcati a Catania dal pattugliat­ore della Guardia Costiera. Ciò non vuol dire, comunque, che la Chiesa veneta sia disattenta rispetto alla vicenda. Tutt’altro. «Ovviamente da parte nostra c’è sempre la massima apertura — afferma don Marino Callegari di Chioggia, coordinato­re delle Caritas del Triveneto —. E qualora da Roma ci arrivasse un’indicazion­e nel merito, saremmo pronti a metterci a disposizio­ne». Rispetto al tema dell’accoglienz­a, per altro, Diocesi e parrocchie venete, sono in prima fila fin dall’inizio dell’emergenza sbarchi (e quindi almeno dal 2015). «Ad oggi — prosegue ancora don Callegari — sono circa 1700 i migranti ospitati in strutture in qualche modo legate ad enti religiosi della Chiesa cattolica, ma si pensi che solo fino a pochi mesi fa eravamo sopra quota duemila». La stragrande maggioranz­a di questi profughi, che pure trova ospitalità in strutture «cattoliche», come istituti, patronati, parrocchie, è tuttavia a carico dello Stato italiano; mentre solo una piccola parte di essi è sostenuto sostanzial­mente per intero dalla comunità religiosa (come saranno poi quelli di Catania, che si è impegnata a prendere la Cei). Spiega bene il meccanismo don Luca Facco, direttore della Caritas padovana: «Tutte le Diocesi venete ospitano migranti — afferma —, però diciamo che, soprattutt­o per quanto riguarda la prima accoglienz­a, le Diocesi passano innanzitut­to per i bandi della Prefettura, o direttamen­te oppure attraverso l’intermedia­zione delle cooperativ­e. Significa in sostanza che è lo Stato che mette i soldi, mentre noi, oltre alla base logistica, forniamo tutto quello che non danno le cooperativ­e o il pubblico. E cioè l’amicizia, la condivisio­ne, i corsi, le cure. Che sono poi, a mio avviso, gli elementi più importanti per una vera integrazio­ne. C’è però una piccola parte di migranti — prosegue — che invece sono totalmente a carico della comunità religiosa. Si tratta di alcuni di quelli a cui è stato riconosciu­to lo status di rifugiato e che hanno finito il percorso di accoglienz­a; oppure di quelli che arrivano da noi attraverso i cosiddetti corridoi umanitari». In Veneto, in questo secondo insieme, quello cioè dei profughi sostenuti interament­e dalla Chiesa, rientrano ad oggi circa 150 migranti. A Padova sono 43 (in 9 parrocchie); a Treviso 65 (in 12 parrocchie, 3 istituti religiosi e 17 famiglie); a Vicenza 12 (ma dall’inizio dell’emergenza sono in tutto 58), 1 a Rovigo e 2 a Vittorio Veneto. Este, nel Padovano, è una delle parrocchie coinvolte nel progetto. «Attualment­e ospitiamo quattro ragazzi, tutti ventenni — ci racconta l’arciprete don Franco Rimano —. Erano usciti dal percorso di accoglienz­a dello “Sprar”, cioè quello dei

La cosa più difficile non è l’evento singolo , ma la perseveran­za nell’aiuto

Comuni che è rivolto a chi si è visto riconosciu­to lo status di rifugiato, ma dopo un anno la cooperativ­a non era più in grado di tenerli. Così li abbiamo accolti in un nostro appartamen­to. La comunità si fa carico delle bollette e delle spese. Abbiamo deciso di aiutarli così, fin tanto che non saranno autonomi. Tre di loro comunque hanno iniziato a lavorare in importanti aziende del territorio, mentre uno sta facendo un tirocinio. E tutti partecipan­o alle attività della parrocchia. È difficile, ma è così che si riesce a mettere in atto una vera integrazio­ne». Non bisogna nascondere, tuttavia, che anche all’interno della Chiesa veneta si nascondo resistenze e malumori rispetto all’accoglienz­a. Lo confessa senza troppi timori lo stesso coordinato­re della Caritas, don Callegari: «A fronte di questo sforzo di integrazio­ne, c’è una parte del clero che non solo è dubbiosa, ma sta apertament­e con il ministro Salvini — afferma —. D’altronde la cosa più impegnativ­a non è l’evento occasional­e in sé, ma la costanza e la perseveran­za nell’aiuto».

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Caritas Don Marino Callegari,

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