Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Dalle sorgenti del Piave alla Marmolada, Zaia alla guerra dei confini

- Di Marco Bonet

Ridateci le sorgenti del Piave! E pure la Marmolada! Il Veneto capitanato dal governator­e Luca Zaia e dal presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti va alla guerra dei confini, aprendo un fronte a Est, col Friuli Venezia Giulia, ed uno a Ovest, col Trentino. Domenica, presenzian­do alle celebrazio­ni per i 50 anni del gruppo alpini di Godega e Bibano, il suo paese, Zaia ha intimato alle penne nere friulane presenti alla festa: «Noi vi abbiamo dato Sappada, ma le sorgenti del nostro fiume Piave le rivogliamo indietro». Già, perché insieme al piccolo Comune nel dicembre scorso sono passate sotto le insegne del Friuli pure le sorgenti del fiume sacro alla Patria, che dalle pendici del Monte Peralba in Val Sesis scende fino al mare scorrendo poi solo e soltanto in terra veneta. La vicenda è simbolica, dall’alto valore storico e culturale (e politico: qui la Liga Veneta saliva con la sua ampolla fino a qualche tempo fa), ma pure economica perché quelle sorgenti, ricomprese in un lembo remoto del territorio stretto tra il Cadore e la Carnia, sono un’importante meta turistica. Le parole di Zaia potrebbero riaprire un’antica disputa, vecchia di secoli: la polla d’acqua accreditat­a ufficialme­nte quale sorgente del Piave risale infatti agli anni Sessanta, quando si tentò di porre fine alle rivendicaz­ioni delle genti del Comelico, che per secoli hanno invece indicato la culla del fiume nel torrente Cordevole della Val Visdende, non a caso conosciuto da quelle parti come «Piave di Visdende». Possibile che la diatriba assuma crismi istituzion­ali? Ieri dalla Regione Friuli Venezia Giulia, governata dal leghista Massimilia­no Fedriga (che a Sappada prese il 72,5%) nessuno ha voluto replicare. Si è fatta invece sentire l’eurodeputa­ta Pd Isabella De Monte: «Sappada e i sappadini non sono merce di scambio e il Veneto non ha regalato nulla al Friuli. Sappada è sempliceme­nte tornata lì dove era normale che fosse». Sorgenti del Piave comprese. Il passaggio del Comune, perfeziona­to sul piano formale, non è però ancora completo sul piano pratico, si attende il protocollo tra le due Regioni ed il Governo per i dettagli. È possibile che in quella sede Zaia torni alla carica, chiedendo un ritocco che riporti le sorgenti in Veneto sotto il Comune di Santo Stefano (sperando che poi pure questo non chieda di passare in Friuli...). Antonio Cason, presidente della sezione Ana Cadore, già ammonì qualche tempo fa sul Corriere delle Alpi: «Il Piave non è veneto, né friulano, ma italiano». Si diceva poi dell’altro fronte, quello, della Marmolada: l’Agenzia del Territorio di Roma, in attuazione del decreto Pertini nel 1982 (e come chiesto dal Comune di Canazei) ha ripristina­to il confine storico del 1911, col ghiacciaio in Trentino. Il Veneto non ci sta e si prepara, nella seconda settimana di settembre, a portare in cima alla vetta il suo consiglio regionale. Atteso clima freddo, per un dibattito rovente. (ma.bo.)

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