Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
SOLUZIONI IBRIDE DOPO GENOVA
Il professori Siviero: «Ipotesi bomba». E Spea: nessun incarico
Aseguito del crollo del Ponte Morandi, si sono gonfiati i muscoli dei «distinguo» sul come muoversi ed operare nel campo scivoloso delle infrastrutture. In Veneto ed Emilia Romagna si è acceso il dibattito; al centro dell’attenzione, la Pedemontana Veneta e il Passante di Bologna. Il buon funzionamento dell’economia dipende non poco dal se e come i decisori politici scelgano di investire su un fattore critico di produzione qual è un’infrastruttura e di gestirla pubblicamente o darla in concessione ai privati. È lunga la coda delle parole già spese a riguardo, ma all’appello ne mancano alcune che messe insieme formano due piccoli pensieri gravidi di conseguenze sul fronte dell’opzione del gestore. Il loro nome? «Costi di transazione» e «costi di intermediazione». Entrando nel merito di questi costi, si potranno fare scelte più oculate sul tipo di gestione, pubblica o privata. Il rilievo dei costi transattivi è tale che le analisi pioneristiche condotte da Ronald Coase gli valsero il Premio Nobel per l’economia nel 1991. Alle voci che si alzano a sostegno della tesi che le infrastrutture non vadano (ri)nazionalizzate, l’eco risponde: optando per le concessioni ai privati, quanto occorre per far fronte ai costi intangibili associati alla ricerca di informazioni, all’avvio negoziati per il processo decisionale e la sua attuazione, alla redazione di contratti, alle ispezioni e supervisione delle persone, agli accordi per risolvere le controversie?
VENEZIA Il ponte Morandi? È stato fatto saltare per aria, con delle cariche esplosive piazzate ad hoc. Un attentato, quindi. Sì, avete letto bene: un attentato. Ora se la tesi fosse proposta da uno dei tanti siti complottari che infestano la rete ci si potrebbe pure ridere su (o piangere, dipendere dai punti di vista). Ma si dà il caso che qui la vicenda sia molto più complessa. E, diciamo pure, sconcertante.
Mettiamo in fila i fatti. A lanciare la clamorosa supposizione è stato martedì sera il professor Enzo Siviero, 73enne ingegnere padovano, per anni docente allo Iuav di Venezia, che non è solo uno dei massimi esperti al mondo di ponti (è colui che ha collaudato «Calatrava» a Venezia; oltre ad aver scritto libri, realizzato centinaia di progetti e aver preso una laurea ad honorem in Architettura a Bari); ma è soprattutto colui che, all’indomani della tragedia di Genova costata la vita a 43 persone, aveva ricevuto da «Spea Engineering», società di progettazione e manutenzione del gruppo «Autostrade per l’Italia», un incarico di consulenza per studiare proprio le cause del crollo. O almeno questo è quello che lui aveva dichiarato una settimana fa e che avevano scritto i giornali, senza ricevere smentite. Ebbene, martedì sera durante il telegiornale di Reteveneta, Siviero — presentato nel servizio appunto come «consulente di Spea» — se n’è uscito con queste dichiarazioni: «Un attentato? Stanno circolando dei video e da questo punto di vista io non mi sento in questa fase di escluderlo. Anzi, è un’ipotesi che sto esplorando io stesso. La dinamica è compatibile». Di fronte all’incredulità del giornalista, il professore ha quindi dettagliato: «Il ponte Morandi è molto pulito, ha degli elementi, mancando i quali non tiene più. Se sono state messe delle microcariche di un certo tipo in pochi secondi salta. Al momento è un’ipotesi che valuto sopra al 50 percento. Ci sono dei lampi, c’è un crollo verticale, insomma ci sono molti elementi». Ma chi sarebbe stato allora, gli veniva chiesto? «Autostrade è diventato il leader mondiale delle autostrade — affermava Siviero — ci sono altri soggetti che potrebbero essere interessati a prendere in mano le situazioni, non ci dimentichiamo che fine a fatto Mattei». Di fronte a simili dichiarazioni — e con il video dell’intervista a Reteveneta che già circolava sui social network — ieri abbiamo dunque chiamato il professore. «Confermo tutto — ci ha detto —. Io sono una persona libera. Ripeto che c’è una fortissima probabilità, superiore al cinquanta per cento, che si tratti di attentato. E penso che nel giro di 4-5 giorni sarò in grado di supportare tale ipotesi non solo attraverso la mera sensazione, ma anche con i numeri. E se la procura mi chiederà, riferirò le mie conclusioni». Siviero, tuttavia, ha voluto precisare con nettezza un dettaglio: «Voglio che sia chiaro che queste considerazioni le faccio a titolo esclusivamente personale — ha sottolineato — esulando dal compito che mi ha assegnato Spea. Loro mi hanno chiesto di controllare, cosa che sto già facendo, che tutto quello che è stato fatto nel passato dal punto di vista della manutenzione e delle indagini sul ponte Morandi sia corretto e che non ci siano buchi che possano giustificare eventuali negligenze. Non mi hanno chiesto altro, sono io che sono curioso e mi sono spinto avanti». Ed è qui il punto. «Spea», società al cento percento di «Autostrade per l’Italia» — e quindi Benetton — era al corrente di queste valutazioni? «Non gliene ho ancora parlato», ha ammesso Siviero. E infatti da «Spea» cadevano dalle nuvole. «Non è la nostra posizione, non ne sappiamo nulla», ci facevano sapere. E per altro la società prima confermava l’esistenza del rapporto di consulenza con Siviero; poi, però, dopo alcune verifiche, faceva sapere che a colloqui iniziali non era seguito alcun incarico formale. Già, ma ora cosa accadrà?