Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Infrastrutture e concessioni dopo il crollo di Genova servono soluzioni ibride
Quanto spazio e peso ha la tecnologia digitale per abbassare tali costi tanto da rendere conveniente ed affidabile la concessione?
In particolare, la tecnologia azzererebbe le informazioni non accessibili agli utenti che, proprio per l’asimmetria dell’informazione, sono tuttora soggetti passivi?
Agli esponenti di governo, e non solo, che fanno leva sulla teoria dei beni pubblici per rinverdire l’età delle nazionalizzazioni, si chiede di confrontarsi con i «costi di intermediazione». Anche qui è lunga la serie degli oneri pesanti che si scaricano sugli utenti, offrendo loro servizi inefficienti e di scarsa qualità. L’individuazione dei vertici, dei dirigenti e del personale del gestore pubblico dell’infrastruttura è condizionata dagli interessi personali che si fondono con gli accordi corporativi.
Darsi reciprocamente la voce ed essere tra loro leali: la collusione tacita tra politica e lobby professionali ha già fatto vedere quanto sia largo e profondo il fossato tra i decisori politici e la società dell’economia della conoscenza potenziata dalle tecnologie digitali. Riportare in vita il passato oppure dare continuità al presente stato delle cose sono due danni anche più gravi del dramma causato dal crollo del ponte a Genova.
Il dilemma pubblico-privato si scioglie con la creatività della politica, capace di trovare soluzioni innovative che siano ibride e non riconducibili alle pratiche sin qui adottate. Il mettere insieme mappe della conoscenza le più diverse per poi trasformarle in qualcosa d’inedito nel campo dell’imprenditorialità delle infrastrutture contraddistingue le avanguardie dell’innovazione dirompente.